Harikomi
Harikomi
Durata
116
Formato
Regista
Due investigatori in incognito (Minoru Oki e Seiji Miyaguchi) si appostano davanti alla casa di una giovane donna, Sadako (Hideko Takamine): è l’ex fidanzata di un uomo sospettato di omicidio, e la polizia spera di stanarlo quando questi cercherà di riprendere i contatti con lei.
Durante un’estate torrida e asfissiante, rotta da temporali improvvisi, i due protagonisti assistono alla ripetitiva vita quotidiana di una moglie vessata dall’anziano e burbero marito. La necessaria prospettiva voyeuristica dei detective (che non può che scomodare anche il ruolo dello spettatore) li porta a simpatizzare con la donna e, allo stesso tempo, passare in rassegna le proprie scelte: per loro c’è infatti tutto il tempo per rivangare i ricordi lavorativi e personali che li hanno portati, da Tokyo, alla più meridionale delle grandi isole giapponesi, all’inseguimento di un killer spaesato e nostalgico, che vorrebbe solo rifarsi una vita con la donna che ama. È l’attesa la protagonista principale di questo ottimo prodotto, un film che riesce a generare una forte atmosfera di tensione pur rimanendo lontano dal ritmo concitato dei polizieschi più classici. Un’attesa che si fa via via più sfiancante tanto più cresce, da parte dell’investigatore più giovane, l’immedesimazione con Sadako e, per estensione, con il ricercato. I motivi dell’omicidio non sono il focus del film: a importare al regista è l’umanità allo sbando di tutti i suoi personaggi, costretti dal lavoro o dall’irresolutezza a mettere in disparte la vita privata a cui ambirebbero, da un figlio che non si riesce a portare a nuotare per via degli impegni, a un desiderio d’amore impossibile da esprimere se non quando troppo tardi. La positività dell’ultimo dialogo del film, con l’investigatore che sprona l’arrestato a pensare a un futuro migliore, viene soffocata dalla voce che annuncia, in una lista che pare interminabile, tutte le stazioni in cui il treno si dovrà fermare prima di tornare alla capitale: presagio e simbolo di un’ennesima attesa che allontana spietatamente quello stesso futuro. Scritto da Shinobu Hashimoto (collaboratore assiduo di Kurosawa e Kobayashi) e primo adattamento, per Nomura, di un’opera dello scrittore SeichĹ Matsumoto: ne seguiranno altri sette.
Durante un’estate torrida e asfissiante, rotta da temporali improvvisi, i due protagonisti assistono alla ripetitiva vita quotidiana di una moglie vessata dall’anziano e burbero marito. La necessaria prospettiva voyeuristica dei detective (che non può che scomodare anche il ruolo dello spettatore) li porta a simpatizzare con la donna e, allo stesso tempo, passare in rassegna le proprie scelte: per loro c’è infatti tutto il tempo per rivangare i ricordi lavorativi e personali che li hanno portati, da Tokyo, alla più meridionale delle grandi isole giapponesi, all’inseguimento di un killer spaesato e nostalgico, che vorrebbe solo rifarsi una vita con la donna che ama. È l’attesa la protagonista principale di questo ottimo prodotto, un film che riesce a generare una forte atmosfera di tensione pur rimanendo lontano dal ritmo concitato dei polizieschi più classici. Un’attesa che si fa via via più sfiancante tanto più cresce, da parte dell’investigatore più giovane, l’immedesimazione con Sadako e, per estensione, con il ricercato. I motivi dell’omicidio non sono il focus del film: a importare al regista è l’umanità allo sbando di tutti i suoi personaggi, costretti dal lavoro o dall’irresolutezza a mettere in disparte la vita privata a cui ambirebbero, da un figlio che non si riesce a portare a nuotare per via degli impegni, a un desiderio d’amore impossibile da esprimere se non quando troppo tardi. La positività dell’ultimo dialogo del film, con l’investigatore che sprona l’arrestato a pensare a un futuro migliore, viene soffocata dalla voce che annuncia, in una lista che pare interminabile, tutte le stazioni in cui il treno si dovrà fermare prima di tornare alla capitale: presagio e simbolo di un’ennesima attesa che allontana spietatamente quello stesso futuro. Scritto da Shinobu Hashimoto (collaboratore assiduo di Kurosawa e Kobayashi) e primo adattamento, per Nomura, di un’opera dello scrittore SeichĹ Matsumoto: ne seguiranno altri sette.