La notte di San Juan
El coraje del pueblo
Durata
90
Formato
Regista
In stile simil-documentaristico vengono raccontanti i massacri ai danni di contadini e minatori prima e dopo la Rivoluzione boliviana del ‘52. In particolare, vengono mostrate le violenze perpetrate nel giugno del 1967, durante quello che è conosciuto come il massacro di San Juan.
Jorge Sanjinés dirige un film che denuncia con grande realismo i soprusi subiti dalle popolazioni andine della Bolivia: è il suo lavoro che più radicalmente e puramente si fa testimone della storia del Paese, riducendo al minimo gli elementi di finzione. Si inizia con una scena di grande impatto visivo, dove tra le montagne la polizia si apposta per uccidere degli scioperanti. È il 1942. Da qui, immagini di repertorio puntano apertamente il dito su quelli che sono i responsabili politici dei massacri durante i successivi tre decenni. Il regista utilizza un linguaggio diretto e senza fronzoli, coerente con la sua idea di cinema d’impegno socialista e accessibile a tutti. Quando si passa al racconto principale, sulla rivolta dei minatori della località di Siglo XX, dalle scene di massa si passa a una coralità per nulla amorfa: ogni persona ha un volto, un nome, una storia che prendono totale centralità. L’individuale si fa politico e viceversa, e il regista segue i personaggi con stile da documentario, ascoltando il loro racconto man mano che la trama si sviluppa verso l’inevitabilmente tragico finale. I passaggi centrali, in cui si approfondisce la vita dei minatori, pur con qualche momento di stanca, sono altamente funzionali a immergere lo spettatore nel loro contesto e, allo stesso tempo, creare un forte senso di tensione per quello che accadrà da lì a poco. A dimostrazione dell’obiettivo di totale veridicità dell’operazione, quello di Óscar Soria (collaboratore di Sanjinés fin dai primissimi film) è indicato non come lavoro di sceneggiatura, ma di indagine e selezione delle testimonianze. Tra gli attori non professionisti, spicca Domitila Barrios de Chungara, celebre attivista e reale superstite del massacro di San Juan, durante il quale fu incarcerata e torturata dai militari. Coprodotto dalla RAI.
Jorge Sanjinés dirige un film che denuncia con grande realismo i soprusi subiti dalle popolazioni andine della Bolivia: è il suo lavoro che più radicalmente e puramente si fa testimone della storia del Paese, riducendo al minimo gli elementi di finzione. Si inizia con una scena di grande impatto visivo, dove tra le montagne la polizia si apposta per uccidere degli scioperanti. È il 1942. Da qui, immagini di repertorio puntano apertamente il dito su quelli che sono i responsabili politici dei massacri durante i successivi tre decenni. Il regista utilizza un linguaggio diretto e senza fronzoli, coerente con la sua idea di cinema d’impegno socialista e accessibile a tutti. Quando si passa al racconto principale, sulla rivolta dei minatori della località di Siglo XX, dalle scene di massa si passa a una coralità per nulla amorfa: ogni persona ha un volto, un nome, una storia che prendono totale centralità. L’individuale si fa politico e viceversa, e il regista segue i personaggi con stile da documentario, ascoltando il loro racconto man mano che la trama si sviluppa verso l’inevitabilmente tragico finale. I passaggi centrali, in cui si approfondisce la vita dei minatori, pur con qualche momento di stanca, sono altamente funzionali a immergere lo spettatore nel loro contesto e, allo stesso tempo, creare un forte senso di tensione per quello che accadrà da lì a poco. A dimostrazione dell’obiettivo di totale veridicità dell’operazione, quello di Óscar Soria (collaboratore di Sanjinés fin dai primissimi film) è indicato non come lavoro di sceneggiatura, ma di indagine e selezione delle testimonianze. Tra gli attori non professionisti, spicca Domitila Barrios de Chungara, celebre attivista e reale superstite del massacro di San Juan, durante il quale fu incarcerata e torturata dai militari. Coprodotto dalla RAI.