Maji (Takuya Kimura), un samurai di notevole abilità, al termine di una battaglia cruenta viene reso immortale da una maledizione. Diversi decenni dopo, quando incontra una ragazza che somiglia tremendamente alla sorella morta durante quello scontro, inizierà una nuova missione cercando di aiutarla a vendicarsi.

Arrivato al centesimo titolo della sua carriera, Takashi Miike firma un nuovo film di samurai, (sotto)genere su cui ha spesso lavorato in passato (si pensi a 13 assassini del 2010). Dopo un incipit in bianco e nero suggestivo ma di maniera, da quando la maledizione fa il suo effetto si passa al colore e si perdono anche le poche idee visive degne di tale nome: L'immortale, film tratto da un celebre manga di Hiroaki Samura, è un’operazione ripetitiva, che cerca di nascondere il vuoto di una sceneggiatura poverissima con duelli continui e inserti pulp che ormai non stupiscono più nessuno. La lunghissima durata (circa 140 minuti) non aiuta certo il coinvolgimento per un’operazione che finisce presto per annoiare, ridondante e dal sapore di già visto. Peccato. Il film è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2017.
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