Morte a Venezia
Durata
130
Formato
Regista
All'inizio del Novecento, il compositore Gustav Von Aschenbach (Dirk Bogarde) giunge al lido di Venezia per concedersi un periodo di riposo dopo una debilitante crisi cardiaca. Nella sontuosa cornice dell'Hotel des Bains, si imbatte nell'efebico Tadzio (Björn Andrésen), che incarna il modello di sublime perfezione da sempre perseguito da Aschenbach. Morirà in riva al mare, contemplandolo per un'ultima volta.
Ispirandosi al romanzo breve La morte a Venezia (1912) di Thomas Mann, Luchino Visconti traspone sullo schermo, con dolente autobiografismo, il bilancio esistenziale di un uomo consapevole di essere giunto alla fine dei propri giorni. In una Venezia putrescente e affascinante, colpita da un'epidemia di colera che accentua la dimensione funerea della vicenda, si consuma la fine del mondo colto e aristocratico incarnato da Aschenbach (modellato su Gustav Mahler), esteta ossessionato dalla bellezza ideale, dal moralismo della forma, dall'astrazione dei sensi. La presa di coscienza di appartenere a un'epoca in declino destinata a estinguersi è tema ricorrente nella poetica viscontiana, che trova in questa pellicola il suo compendio definitivo. Attraverso una messinscena che riduce al minimo i dialoghi, Visconti ha composto un'elegia crepuscolare che procede con passo lento ed estenuante, in cui lo stato d'animo del protagonista è suggerito dalla strenua eleganza delle immagini (ora abbaglianti, ora cupe) e dallo struggente commento musicale (Gustav Mahler, Franz Lehár, Modest PetroviÄ Musorgskij, Ludwig van Beethoven). Memorabile Dirk Bogarde, capace di rendere le innumerevoli sfumature della personalità del protagonista con un semplice sguardo, e indimenticabile l'androgino Björn Andrésen, angelo della morte dalla pelle diafana che con la sua presenza illumina lo schermo. Splendidi costumi di Piero Tosi. Premio del 25° Anniversario al Festival di Cannes.
Ispirandosi al romanzo breve La morte a Venezia (1912) di Thomas Mann, Luchino Visconti traspone sullo schermo, con dolente autobiografismo, il bilancio esistenziale di un uomo consapevole di essere giunto alla fine dei propri giorni. In una Venezia putrescente e affascinante, colpita da un'epidemia di colera che accentua la dimensione funerea della vicenda, si consuma la fine del mondo colto e aristocratico incarnato da Aschenbach (modellato su Gustav Mahler), esteta ossessionato dalla bellezza ideale, dal moralismo della forma, dall'astrazione dei sensi. La presa di coscienza di appartenere a un'epoca in declino destinata a estinguersi è tema ricorrente nella poetica viscontiana, che trova in questa pellicola il suo compendio definitivo. Attraverso una messinscena che riduce al minimo i dialoghi, Visconti ha composto un'elegia crepuscolare che procede con passo lento ed estenuante, in cui lo stato d'animo del protagonista è suggerito dalla strenua eleganza delle immagini (ora abbaglianti, ora cupe) e dallo struggente commento musicale (Gustav Mahler, Franz Lehár, Modest PetroviÄ Musorgskij, Ludwig van Beethoven). Memorabile Dirk Bogarde, capace di rendere le innumerevoli sfumature della personalità del protagonista con un semplice sguardo, e indimenticabile l'androgino Björn Andrésen, angelo della morte dalla pelle diafana che con la sua presenza illumina lo schermo. Splendidi costumi di Piero Tosi. Premio del 25° Anniversario al Festival di Cannes.