La caduta degli dei
Durata
156
Formato
Regista
Germania, 1933-34. Mentre il cupo spettro del nazismo avvolge il Paese e l'avvento di Hitler è alle porte, si consuma la tragica disgregazione della ricca famiglia degli Essenbeck, tra odio, violenza e acerrime rivalità interne.
Saga familiare affascinante e potente, La caduta degli dei apre la strada all'ultimo periodo della produzione cinematografica viscontiana, componendo con i successivi Morte a Venezia (1971) e Ludwig (1972) una trilogia di ambientazione mitteleuropea. Comprimendo la messinscena in claustrofobici interni illuminati dalle luci antinaturalistiche di Pasqualino De Santis e Armando Nannuzzi, attraverso una serrata indagine psicologica di ascendenza tipicamente nordica, Luchino Visconti ha realizzato la sua opera più sanguigna e meno controllata (anche dal punto di vista formale), in cui pulsioni di morte, dissoluzione morale e perversioni sessuali sono lo specchio di una nazione (e di una società) destinata all'autodistruzione. Calata in un'atmosfera funerea e oppressiva, con echi di Shakespeare, Richard Wagner e Thomas Mann, la pellicola è una vetta del decadentismo viscontiano. La sinistra residenza degli Essenbeck, rifugio di un'umanità accecata dalle ambizioni personali costretta a confrontarsi con la Storia, rappresenta uno scenario teatrale dal fascino ambiguo e inquietante. L'omaggio a L'angelo azzurro (1930) di Josef Von Sternberg, il massacro delle SA e l'agghiacciante finale sono alcune delle sequenze più riuscite di un film squilibrato e troppo orientato all'eccesso, che ha il fosco vigore di un'opera d'arte imperfetta. Eccellenti Ingrid Thulin e Helmut Berger (alla prima collaborazione con Visconti), madre e figlio legati da un morboso rapporto. Vietato ai minori di 18 anni.
Saga familiare affascinante e potente, La caduta degli dei apre la strada all'ultimo periodo della produzione cinematografica viscontiana, componendo con i successivi Morte a Venezia (1971) e Ludwig (1972) una trilogia di ambientazione mitteleuropea. Comprimendo la messinscena in claustrofobici interni illuminati dalle luci antinaturalistiche di Pasqualino De Santis e Armando Nannuzzi, attraverso una serrata indagine psicologica di ascendenza tipicamente nordica, Luchino Visconti ha realizzato la sua opera più sanguigna e meno controllata (anche dal punto di vista formale), in cui pulsioni di morte, dissoluzione morale e perversioni sessuali sono lo specchio di una nazione (e di una società) destinata all'autodistruzione. Calata in un'atmosfera funerea e oppressiva, con echi di Shakespeare, Richard Wagner e Thomas Mann, la pellicola è una vetta del decadentismo viscontiano. La sinistra residenza degli Essenbeck, rifugio di un'umanità accecata dalle ambizioni personali costretta a confrontarsi con la Storia, rappresenta uno scenario teatrale dal fascino ambiguo e inquietante. L'omaggio a L'angelo azzurro (1930) di Josef Von Sternberg, il massacro delle SA e l'agghiacciante finale sono alcune delle sequenze più riuscite di un film squilibrato e troppo orientato all'eccesso, che ha il fosco vigore di un'opera d'arte imperfetta. Eccellenti Ingrid Thulin e Helmut Berger (alla prima collaborazione con Visconti), madre e figlio legati da un morboso rapporto. Vietato ai minori di 18 anni.