Nei primi mesi del 1973, il gruppo dei separatisti baschi dell'ETA progetta il sequestro dell'ammiraglio Luis Carrero Blanco, delfino del dittatore Francisco Franco, in cambio del quale verrà chiesta la liberazione di 150 detenuti politici. Ma quando Blanco sarà nominato presidente del consiglio, il piano del gruppo capitanato da Izarra (Gian Maria Volonté) cambia: l'ammiraglio, definito Ogro cioè l'Orco, dovrà essere ucciso.

Ultimo lungometraggio diretto da Gillo Pontecorvo e prima opera firmata dal regista dopo dieci anni di inattività. Adattamento del libro Operación Ogro di Julen Agirre, il film è appesantito da una componente politica fin troppo ambigua, tanto che la legittimazione della lotta armata suscitò numerose polemiche all'epoca dell'uscita in sala, pochi mesi dopo il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro. La dimensione ideologica appare piuttosto didascalica e proposta con ridondante meccanicità e Pontecorvo sembra sempre indeciso tra uno sguardo partecipe nei confronti degli attentatori e la critica alla loro cieca intransigenza utopica che vede nell'uso della violenza l'unico mezzo di ribellione al potere. Ma a mancare è soprattutto una forma cinematografica capace di rivitalizzare un prodotto monolitico e freddo, quasi mai interessante anzi spesso e volentieri ombelicale e autoindulgente. E nel piattume generale finisce coinvolto anche Gian Maria Volonté, qui in una delle prove più sottotono della sua carriera, figura opaca e perfetto emblema di un'opera scialba e anonima.
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