Londra, 1830. Oliver Twist (Barney Clarke), ragazzino che vive in un misero orfanotrofio, è protagonista di una serie di avventure e peripezie nella grande capitale inglese in piena industrializzazione.

Dopo il successo planetario de Il pianista (2002), Roman Polanski rimane sui binari sicuri del “film istituzionale”, tentando al tempo di instillare (non sempre con successo) il consueto senso di ambiguità, notoria marca autoriale, alla celebre e omonima opera di Charles Dickens. Il risultato, altalenante e cauto, delinea un Oliver Twist classico, ben fatto ma prevedibile e programmaticamente (quanto, a tratti, sorprendentemente) lineare; il tocco del regista polacco può essere rintracciato nella splendida descrizione della tetra e brulicante Londra ottocentesca, completamente ricostruita negli studi fuori Praga, e nello stratificato personaggio di Fagin, magnificamente incarnato da Ben Kingsley. Prendendo spunto dallo stesso romanzo, nel 1948, David Lean aveva comunque fatto molto meglio con Le avventure di Oliver Twist. Sceneggiatura di Ronald Harwood, fotografia di Pawel Edelman.


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