La solitaria Agnes (Ashley Judd), vittima di un ex marito violento (Harry Connick Jr.) e madre di un figlio inspiegabilmente scomparso, inizia una relazione con Peter Evans (Michael Shannon), marine reduce dalla guerra del Golfo. L'iniziale gentilezza dell'uomo lascerà presto spazio a un inarrestabile climax di alienazione.

«Il film più intenso e disturbante che abbia mai girato»: William Friedkin adatta l'omonima pièce teatrale di Tracy Letts (anche sceneggiatrice) per affrontare lo scomodo tema del trauma post-bellico. La discesa agli inferi dei due protagonisti, segnati da una solitudine emozionale tipica della contemporaneità, diviene incubo incarnato, tra lacerazioni, ferite e allucinazioni che confondono, invece di delimitare, il confine sempre più labile tra realtà e immaginazione. Lo stile rischia il manierismo (troppo definito il contrasto tra le geometrie quotidiane e le impennate paranoiche), ma Friedkin si dimostra abile a far gelare il sangue: fondamentale, in tal senso, l'apporto di Michael Shannon, attore dalla mimica facciale inquieta che riesce a rendere la follia di un uomo divorato dalle sue angosce. Un film scomodo e malsano, non certo per tutti i gusti, ma che in ogni caso non si dimentica facilmente. Ashley Judd accetta coraggiosamente di abbruttirsi e regala la performance più significativa della sua non esaltante carriera. Musiche di Brian Tyler, fotografia di Michael Grady. Il titolo si riferisce all'ossessione di Peter per gli insetti.
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