Il viaggiatore
Mossafer
Durata
83
Formato
Regista
Un ragazzino (Hassan Darabi), appassionato di calcio e poco portato per la scuola, sogna di assistere alla partita che la sua squadra giocherà a Teheran. Pur di esserci organizza da solo il viaggio, mettendo insieme tutti i soldi necessari con l'aiuto di un amico (Masud Zandbegleh).
Secondo lungometraggio per Abbas Kiarostami, dopo l'esordio di Tadjrebeh (1973). Già in queste sue prime esperienze dietro la macchina da presa, il regista esprime il punto di vista privilegiato del suo cinema: lo sguardo, affettuoso e complice, sul mondo dell'infanzia. Abbassando la cinepresa ad altezza di bambino, questo film si incardina nella sensibilità del suo giovane protagonista, rendendo marginale qualsiasi altro orizzonte di osservazione adulto. La preparazione del viaggio, che occupa tutta la prima parte del film, è parte integrante di esso, nell'ottica di un vero e proprio itinerario di formazione e di crescita. Oltre a questo, nella solidarietà tra amici e nella caparbia volontà del ragazzino che sfugge (come il protagonista del successivo Dov'è la casa del mio amico?, 1987), al controllo dei genitori, si può leggere la speranza di un gesto politico “rivoluzionario”: nell'amore per la libertà dei piccoli, gli adulti possono scoprire qualcosa da imparare, che magari hanno dimenticato troppo presto. Ottima, già in questi primi passi, la consapevolezza formale esibita da Kiarostami, che nel contrastato bianco e nero della fotografia (firmata da Firooz Malekzadeh) sembra evocare suggestioni della grande lezione neorealista.
Secondo lungometraggio per Abbas Kiarostami, dopo l'esordio di Tadjrebeh (1973). Già in queste sue prime esperienze dietro la macchina da presa, il regista esprime il punto di vista privilegiato del suo cinema: lo sguardo, affettuoso e complice, sul mondo dell'infanzia. Abbassando la cinepresa ad altezza di bambino, questo film si incardina nella sensibilità del suo giovane protagonista, rendendo marginale qualsiasi altro orizzonte di osservazione adulto. La preparazione del viaggio, che occupa tutta la prima parte del film, è parte integrante di esso, nell'ottica di un vero e proprio itinerario di formazione e di crescita. Oltre a questo, nella solidarietà tra amici e nella caparbia volontà del ragazzino che sfugge (come il protagonista del successivo Dov'è la casa del mio amico?, 1987), al controllo dei genitori, si può leggere la speranza di un gesto politico “rivoluzionario”: nell'amore per la libertà dei piccoli, gli adulti possono scoprire qualcosa da imparare, che magari hanno dimenticato troppo presto. Ottima, già in questi primi passi, la consapevolezza formale esibita da Kiarostami, che nel contrastato bianco e nero della fotografia (firmata da Firooz Malekzadeh) sembra evocare suggestioni della grande lezione neorealista.