In una imprecisata nazione dell'Europa dell'est, un cardinale (Alec Guinness) molto amato dal popolo durante le resistenza anti-nazista, viene arrestato dal nuovo regime comunista e falsamente accusato di tradimento. Sottoposto a torture, viene interrogato da un vecchio amico (Jack Hawkins) che cerca di convincerlo a proclamarsi colpevole.

Da una pièce di Bridget Boland, anche autrice della sceneggiatura, è il film d'esordio di Peter Glenville, cineasta e attore nonché prolifico regista teatrale. Opera profondamente simbolica e volutamente priva di riferimenti storico-geografici (persino i personaggi non sono identificati da nomi), è ispirata a due cardinali realmente esistiti, l'ungherese József Mindszenty e il croato Aloysius Stepinac. Nonostante non manchi di qualche finezza registica, è un drammone cupo ed eccessivamente pesante che commette l'errore di mescolare l'elemento principale – il duello verbale tra i due protagonisti – a una sottotrama dedicata alla fiacca storia d'amore che coinvolge altri personaggi (Jeanette Sterke, Ronald Lewis).
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