Il piccolo Gwynplaine (Julius Molnar), figlio di un traditore del re, viene venduto a degli spietati trafficanti di bambini, che lo sfigurano, aprendogli per sempre il volto in un eterno, grottesco ghigno. Fuggito dai suoi aguzzini, salva una neonata e si rifugia presso il carrozzone di Ursus (Cesare Gravina). Una volta cresciuto (Conrad Veidt) farà coppia fissa con l'orfana divenuta una splendida ragazza (Mary Philbin) cieca: i tre formano un'inconsueta ma allegra famiglia. L'idillio, però, è destinato a spezzarsi.

Dal capolavoro di Victor Hugo, Paul Leni trae una delle sue opere più celebri e senza dubbio una delle migliori: sulla scia di pellicole toccanti come Il gobbo di Notre Dame (1923) e Il fantasma dell'Opera (1925), il sempre lungimirante Carl Laemmle affida al regista tedesco questa importante trasposizione. Il tocco espressionista e inconfondibile di Leni regala ulteriore spessore e fascino a un melodramma straziante e inquieto, che unisce alla storia romantica (la relazione tra lo sfregiato Gwynplaine e la cieca Dea) la sarabanda del freak show, ma anche uno strisciante e torbido erotismo che si sprigiona tra il buffone e la lasciva, perversa, Josiana. La sequenza dell'incontro tra i due è di disturbante e morbosa sensualità, straordinariamente esplicita per l'epoca. Indimenticabile la performance di Veidt, ripugnante e affascinante a un tempo, capace di rendere con la liquidità struggente del suo sguardo tutta la gamma espressiva negatagli dall'immobilità del ghigno. Il contrasto tra la sudicia Inghilterra popolana fatta di volti ottusi e sdentati stride contro il fasto lezioso delle corti e la summa di questo scontro si compone proprio nel volto beffardo e dolente del buffone Gwynplaine. Le vivaci sequenze, ambientate nei carrozzoni pieni di freaks, saranno qualcosa di cui si ricorderà di lì a poco Tod Browning, che forse non a caso chiamerà la Baclanova a interpretare la crudele Cleopatra del capolavoro Freaks (1932), anche qui assetata di soldi e potere e impegnata in un deviato gioco di seduzione con il nano Hans. Leni avrebbe voluto conservare il finale tragico del romanzo di Hugo, ma la produzione gli impose un consolatorio happy ending: poco male, perché la pellicola rimane comunque di altissimo livello e sicuramente la migliore tra i molti adattamenti cinematografici. La “maschera” di Veidt ispirerà uno dei personaggi più celebri della storia: l'antagonista di Batman per eccellenza, il ghignante Joker.
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