La vendetta è mia

Fukushû suru wa ware ni ari

Anno

Paese

Durata

140

Formato

Regista

La storia vera di Iwao Enokizu (Ken Ogata), sposato e di famiglia cattolica, ma anche truffatore, seduttore e assassino. Arrestato dopo una latitanza di 78 giorni, viene condannato a morte e qualche anno dopo giustiziato. Scagliate in mare, le sue ossa rimarranno inspiegabilmente sospese nel cielo.

Tornato al cinema di fiction dopo un decennio dedicato quasi interamente al documentario, Shhei Imamura adatta l'omonimo romanzo di Ryūz Saki basato sulle gesta del serial-killer Akira Nishiguchi, e dirige un thriller glaciale e destrutturato che, nel tono cronachistico e nel rifiuto delle regole più basilari della suspense, impedisce allo spettatore qualsiasi coinvolgimento emotivo e si costituisce come strumento scientifico di indagine sociale. Più interessato a porre domande che a trovare risposte, Imamura sceglie di non dare un'interpretazione, per forza di cose arbitraria, al comportamento del suo protagonista, ma lascia parlare le sue azioni, messe in scena come tessere scombinate di un mosaico, fra salti temporali in avanti e all'indietro, ellissi, dilatazioni narrative e brusche interruzioni. È forse nel comportamento infedele e calcolatore della moglie che va ricercato il motivo scatenante della furia omicida di Iwao Enokizu? O questo si annida nel risentimento verso il padre che l'assassino porta con sé sin da bambino? E ancora, non è forse Iwao Enokizu il perfetto prodotto della società giapponese moderna in crisi di valori e proiettata verso uno sfrenato individualismo? È compito dello spettatore mettere insieme i pezzi del frammentato e imperscrutabile protagonista, e provare a dare una risposta alle numerose domande che aleggiano irrisolte nella pellicola. Mai partecipe o giudicante, Imamura esaspera il suo caratteristico sguardo da entomologo che, applicato a un genere in cui il pubblico è solitamente abituato a distinguere buoni e cattivi sotto la direzione di una guida morale, sembra qui arrivare ai confini del freddo cinismo. Il risultato è poco conciliante, ma comunque potente, importante e originalissimo.
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