Storia del Giappone del dopoguerra raccontata da una barista

Nippon Sengoshi – Madamu onboro no Seikatsu

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105

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Regista

Mentre su uno schermo scorrono le immagini dei principali eventi che hanno segnato la storia giapponese del dopoguerra (occupazione americana, guerra di Corea, epurazione dei comunisti, contestazioni per il rinnovo dell'ANPO, guerra del Vietnam), il regista Shhei Imamura raccoglie le memorie e le confessioni di una donna di mezza età (Etsuko Akaza), barista e prostituta, proveniente da una famiglia di macellai.



All'alba degli anni Settanta, si apre per Imamura un decennio quasi interamente dedicato alla produzione di documentari televisivi, una decisione che se da una parte è una reazione ai problemi riscontrati sul set del precedente Il profondo desiderio degli dei (1968), dall'altra rappresenta l'esito di un progressivo disinteresse del regista nei confronti del cinema di fiction, a sua detta incapace di indagare la verità della natura umana. Fiero avversario dell'immagine “ufficiale” del Giappone, falsa perché da esportazione, Imamura ne racconta la storia dal basso, attraverso un punto di vista inedito e insolito. Forte e determinata, disinvolta e opportunista, la testimone scelta è il compendio vivente delle donne che hanno attraversato il cinema del regista: proveniente dagli strati inferiori della società e vera e propria mangiatrice di uomini, Madame Omboro è dotata di una resistenza eccezionale, non smette di sorridere mentre racconta le sue sofferenze, ricorda il passato ma ha ancora molti progetti per il futuro. Come già accaduto in Cronache entomologiche del Giappone (1963), Imamura accosta liberamente la storia con la s maiuscola a quella privata, cogliendo i riflessi della prima sulla seconda. Ma se qui le due appaiono spesso in netta contrapposizione, il filo che le lega sembra essere quello del rapporto con gli Stati Uniti: così come il Giappone, anche Madame Omboro non ha esitato a prostituirsi con gli americani per il proprio tornaconto. Un processo carico di conseguenze che, come si evince dalle ultime scene, è tutt'altro che concluso. Niente di memorabile, anche a causa di una certa ridondanza, ma è un progetto riuscito.
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