L'anguilla

Unagi

Premi Principali

Palma d’oro al Festival di Cannes 1997

Anno

Paese

Durata

117

Formato

Regista

Dopo aver trascorso otto anni in carcere per l'omicidio della moglie, Yamashita (Kji Yakusho) giunge in un piccolo e sperduto villaggio dove decide di aprire un negozio di barbiere: schivo e riservato, la sua unica compagnia è rappresentata da un'anguilla personalmente allevata in prigione. Un giorno Yamashita salva da un tentato suicidio una giovane donna (Misa Shimizu) che assomiglia in maniera impressionante alla sua ex moglie.

Dopo il XIX secolo di Eijanaika (1981) e La ballata di Narayama (1983), il periodo Meiji di Zegen (1987) e il dopoguerra di Pioggia nera (1989), il veterano del cinema nipponico Shhei Imamura ritorna al Giappone contemporaneo adattando, insieme al figlio Daisuke Tengan, il romanzo Yami ni hirameku di Akira Yoshimura. A metà fra dramma sentimentale e commedia grottesca, la pellicola, vincitrice di una generosa Palma d'oro al Festival di Cannes 1997, è una riflessione intima e trattenuta sulla natura complessa dei rapporti umani, favola di rinascita e redenzione in cui più dell'originalità del soggetto, a conti fatti davvero scarsissima, contano i toni pacati della messa in scena, la descrizione sfumata dei personaggi secondari, il gusto per l'onirico, l'umorismo vagamente stralunato. Giunto ormai nel pieno della terza età, Imamura mette definitivamente da parte il furore iconoclasta giovanile e approda a un cinema lieve e sfuggente, forse meno rilevante ma non meno importante, che rifugge da ogni maestosità narrativa per intonarsi alla poesia semplice e genuina del quotidiano. Perfetto alter ego del protagonista di cui condivide il medesimo sentimento di prigionia, l'anguilla che dà titolo al film resta immobile e silenziosa nella sua teca di vetro, impassibile a qualsiasi accadimento esterno: oltre trent'anni prima, la carpa di Introduzione all'antropologia (1966) non smetteva di esprimere il proprio disappunto, guizzando continuamente fuori dall'acquario. Del film circolano due differenti versioni (una di 117 minuti presentata al Festival di Cannes, l'altra di 134 minuti) entrambe montate e approvate dal regista.
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