La ballata di Narayama

Narayama bushikĹ

Premi Principali

Palma d’oro al Festival di Cannes 1983

Anno

Paese

Generi

Durata

130

Formato

XIX secolo. In un piccolo villaggio rurale fra le montagne del Tohoku, la rigidità del clima è fra le cause principali della scarsezza dei raccolti. Una legge impone a chiunque raggiunga i settant'anni di recarsi in cima al monte Narayama e attendere la morte per lasciare posto alle nuove generazioni. La vecchia Orin (Sumiko Sakamoto), che ha ormai raggiunto i sessantanove anni di età, è pronta per partire: come ultimo desiderio vorrebbe che il figlio vedovo Tatsuhei (Ken Ogata) prendesse nuovamente moglie.

A venticinque anni di distanza dall'omonimo lungometraggio di Keisuke Kinoshita, la Toei offre a ShĹhei Imamura la possibilità di riadattare per lo schermo il popolare Narayama bushikĹ di ShichirĹ Fukazawa: lontano dal lirismo, dalla stilizzazione e dall'impianto teatrale della versione del 1958, il film di Imamura si impone per il vivace realismo della messa in scena e per l'interesse mai sopito del regista verso una fisicità spontanea e primordiale. Simile a un antropologo nel distacco scientifico dell'osservazione e nella curiosità dell'indagine, Imamura inserisce nella narrazione elementi presi da un altro romanzo di ShichirĹ Fukazawa (TĹhoku no zunmutachi) e allarga la sua attenzione dalla storia privata di Orin e Tatsuhei a un variegato microcosmo di personaggi e situazioni: sotto il dominio di una legge naturale dura e inflessibile, va in scena il conflitto apparentemente insanabile fra istinto di sopravvivenza individuale e regole di conservazione collettiva. Solo con il sacrificio di sé gli uomini possono mantenere intatta la loro dignità e distinguersi da quelle bestie a cui Imamura li paragona ripetutamente (nei momenti dell'accoppiamento, della caccia e del nutrimento), attraverso una giustapposizione di immagini che sfiora il didascalismo. Ritmata dall'alternarsi delle stagioni, fra momenti di spietata crudeltà, struggente tenerezza e feconda sessualità, la narrazione segue un andamento ciclico e naturale che riflette le fasi lunghe e impegnative della lavorazione del film. Il risultato è importante e capace di colpire tanto per l'apparato visivo, quanto per le sospensioni sonore (da segnalare la capacità del regista di rendere ogni silenzio carico di significato). Palma d'oro al Festival di Cannes 1983.
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