All'interno di una stanza disadorna, le singole parti del corpo umano si incrociano, si scontrano e infine si uniscono. Straordinario compendio della riflessione svankmajeriana sul corpo come scultura in fieri: ciò che interessa al regista praghese non è mai la totalità della massa condannata all'oppressione, ma la singola anarchica porzione. Il movimento a passo uno diviene il linguaggio stesso della vita e del divenire, dove esistere significa combinare. La stanza in cui è ambientato il cortometraggio assume fin dall'inizio l'aspetto di un ambiente uterino: lo slittamento significativo avviene nel finale, dove il luogo di creazione si rovescia in luogo di coercizione. L'animazione della plastilina in stop-motion raggiunge qui vette di ipnotica fluidità, dando vita a sei minuti densissimi sia in termini di qualità tecnica che di efficacia artistica.