Goodbye, Dragon Inn
Bu san
2003
Paese
Taiwan
Genere
Drammatico
Durata
82 min.
Formato
Colore
Regista
Tsai Ming-liang
Attori
Kiyonobu Mitamura
Lee Kang-sheng
Chen Shiang-chyi
Miao Tien
Chun Shih
Per ripararsi dalla pioggia, un turista giapponese (Kiyonobu Mitamura) entra in un cinema destinato a chiudere definitivamente di lì a poche ore. Sullo schermo scorrono le immagini di Dragon Inn (1967) di King Hu ma la proiezione è quasi deserta. Tra i bagni, le scale e i corridoi dell'edificio si muovono una serie di misteriose figure, fra cui la bigliettaia zoppicante del cinema (Chen Shiang-chyi) che non ha il coraggio di dichiarare il suo amore al giovane proiezionista (Lee Kang-sheng). Giunto al suo sesto lungometraggio, il malese Tsai Ming-liang si allontana temporaneamente dalla Taipei delle strade affollate e alienanti e prova a racchiudere il suo consueto discorso sulla solitudine dell'uomo contemporaneo entro le mura claustrofobiche di un piccolo cinema fatiscente, realizzando una pellicola con più di un punto di contatto con l'apocalittico The Hole – Il buco (1998), a partire dall'atteggiamento voyeuristico dei personaggi e dalla presenza di una pioggia torrenziale e incessante sullo sfondo. Ambientato interamente nel Fu-Ho Grand Theater di Taipei (già sede di alcune riprese di Che ora è laggiù?, 2001), il film si configura come un requiem nostalgico per un cinema scomparso. Cinema inteso sia come forma di spettacolo puramente popolare (la pellicola che scorre sullo schermo è un classico del wuxiapian anni Sessanta, l'equivalente cinese del “cappa e spada” occidentale) che come luogo di fruizione collettiva. Ormai vuota e abbandonata, la sala cinematografica diventa per Tsai un vero e proprio tempio di fantasmi: sono fantasmi i visitatori casuali che cercano inutilmente un contatto umano fra gli squallidi corridoi dell'edificio; sono fantasmi Chun Shih e Miao Tien, gli attori del film di King Hu che si rivedono sullo schermo e rimpiangono un tempo definitivamente tramontato; è infine un fantasma il proiezionista interpretato da Lee Kang-sheng, spiato, bramato e inseguito senza tregua ma invisibile fino agli ultimi momenti della pellicola. Riducendo quasi a zero tanto i movimenti di macchina che i dialoghi fra i personaggi, Tsai gira il suo film più immobile, taciturno e, sorprendentemente, divertente. Se gli incontri assurdi che capitano al protagonista (sia dentro che fuori la sala) non possono che far sorridere lo spettatore, spesso la comicità del film scaturisce dalla semplice dilatazione temporale delle scene (una su tutte quella nel bagno affollato) o dall'ironico dialogo che si crea, attraverso le musiche che provengono dallo schermo, fra la pellicola di King Hu e quella di Tsai Ming-liang. Un'operazione potentissima, che richiede pazienza ma che è capace di appagare chiunque entri in sintonia con i suoi ritmi pacati e con le sue atmosfere sinuose.
Maximal Interjector
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