Poco incline a vendicare la morte del padre e a corteggiare Ofelia (Isabella Russo), Amleto (Carmelo Bene) preferirebbe cercare fortuna come attore prima a Elsinore e poi a Parigi con l'amata Kate (Lydia Mancinelli). Più che i dubbi sull'identità, lasciati declamare a Orazio (Franco Leo), sarà la consapevolezza dei propri limiti come artista a spingerlo verso il confronto finale con Laerte (Luigi Mezzanotte).

L'ultimo film di Bene è un apologo lucido sul ruolo dell'intellettuale e il suo inevitabile fallimento, tratto dal testo di Jules Laforgue Amleto ovvero le conseguenze della pietà filiale. Di suo il regista porta, come di consueto, alle estreme conseguenze i presupposti di una visone disincantata del personaggio, che rifiuta il proprio ruolo così come i suoi monologhi, o ne storpia il più celebre rovello in “avere o non avere”. Alcune provocazioni hanno ormai perso la loro freschezza e, anche sul piano delle invenzioni di regia, poco si aggiunge a quanto visto nelle opere precedenti. È però vero che i film di Carmelo Bene, pur somigliandosi, non si ripetono mai e questo “Amleto in meno” di cui preoccuparsi è, gioco-forza, il personaggio più adatto alle qualità di un attore formatosi a teatro e di un autore ricco di contraddizioni. Rischiano forse di essere scontati (per chi conosce Bene) gli sproloqui freudiani di Polonio (Pippo Tuminelli) o la declamazione di un testo di Gozzano, ma il cimitero sul mare in cui riposa una stampa di Ofelia è uno dei massimi lasciti visionari della filmografia beniana.
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