Toronto. Interrogato dall'agente di dogana David (Christopher Plummer), Raffi (David Alpay) racconta di come sia cambiata la sua vita dopo aver contribuito alla lavorazione di un film sul genocidio degli armeni, realizzato dal regista Saroyan (Charles Aznavour).

Scritta e diretta dal regista, una pellicola animata dalla sincera volontà di fare luce su un genocidio, troppo spesso dimenticato, avvenuto nel primo decennio del XX secolo. L'origine armena di Egoyan traspare, ma l'opera perde potenza a causa della struttura assai frammentata (oltre alla linea narrativa di David e Raffi c'è la vicenda del film nel film), aprendosi continuamente tra flashback e flashforward, con vari piani temporali che si intrecciano tra loro. Inoltre Egoyan mette troppa carne al fuoco, non si accontenta del tracciato storico ma affonda a piene mani in temi assai diversi tra loro come: l'omosessualità e il traffico di droga, i rapporti familiari difficili e la tragedia di un popolo, la riflessione sull'arte e la componente metacinematografica a scatole cinesi. Temi che rivelano le classiche ossessioni dell'autore (il viaggio e la memoria, il dolore della perdita, l'incomunicabilità, i rapporti tra vittime e carnefici) ma che faticano a integrarsi nel modo giusto. Qualche riflessione iniziale colpisce, ma si poteva e si doveva fare di più.
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