Fine dell'XIX secolo. Daisy Miller (Cybill Shepherd), energica e frizzante ragazza americana, si trasferisce a Roma. Qui conoscerà le differenze nei costumi e nella cultura con gli europei, e troverà l'amore.

Tratto dall'omonimo romanzo di Henry James, rappresenta il primo film con cui Peter Bogdanovich, regista e critico tra i più apprezzati della New Hollywood, cercò di distanziarsi dalla poetica che lo aveva reso noto sino a quel momento, ossia la rivisitazione nostalgica e cinefila del cinema del passato, in particolare l'Hollywood classica di Capra e Hawks. Daisy Miller è un'opera in costume, in cui la protagonista ha sì degli echi dei celebri personaggi femminili hawksiani, ma la lente del film è spostata sul contrasto culturale tra la giovane e acerba vitalità degli americani (impersonata dalla Shepherd) e l'affascinante decadenza europea. Il risultato, tuttavia, non è dei migliori: l'attrice protagonista non ha il physique du rôle per reggere tutte le sfumature pensate dal regista per il suo personaggio, la confezione leccata spesso schiaccia le potenziali inquietudini e così, alla fine, Henry James si perde dentro un banale feuilleton o romanzo d'appendice. Fu il primo di una lunga serie di film sbagliati da parte di Peter Bogdanovich.
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