Stati Uniti, anni Trenta. Grace Mulligan (Nicole Kidman) fugge da alcuni gangster e trova rifugio nel piccolo villaggio montuoso di Dogville. Accolta dallo scrittore idealista Tom (Paul Bettany), Grace deve fare inizialmente i conti con la diffidenza generale, che vince grazie alla sua disponibilità a dare una mano anche con i lavori più umili. Ma quando gli abitanti di Dogville verranno a sapere che la loro ospite è ricercata, il loro atteggiamento verso la donna cambierà nuovamente.

Primo capitolo di una ipotetica trilogia dedicata agli Stati Uniti, è un film concepito come una critica sia alla società a stelle e strisce sia al suo cinema. Per questo von Trier sceglie un taglio stilistico volutamente antispettacolare, gira all'interno di un teatro, utilizza scenografie minimali e adotta una messa in scena astratta e brechtiana con gli attori che bussano a porte o usano oggetti non presenti sul palcoscenico. Il risultato è straniante, curioso ed efficace, in quanto è anche attraverso la forma che il regista (e sceneggiatore) ci parla di una piccola comunità arida e ottusa, esiliata dal mondo (tanto che le radio della città trasmettono solo musica e mai notiziari), convinta della propria autosufficienza e sospettosa dinnanzi a tutto ciò che può anche solo minimamente minare quest'ordine costituito. Così l'arrivo di Grace è visto sì come una minaccia, ma anche come un'opportunità, innescando una sorta di gioco perverso di sfruttamento dello straniero bisognoso di aiuto, in cui tutti i personaggi tirano fuori il peggio di loro stessi. Dogville è quindi una rappresentazione metaforica di un'America che accoglie elementi esterni, ma mai in nome della contaminazione e dell'integrazione, bensì di un'assimilazione unidirezionale. E così Grace finisce per trasformarsi da vittima in carnefice, coltivando dentro di sé risentimento e vendetta, sentimenti fino a quel momento a lei sconosciuti. Straordinario l'uso della voce narrante e sublime l'intera impostazione drammaturgica. Grande successo internazionale, anche grazie al cast stellare capitanato da un'ottima Nicole Kidman. La versione cinematografica presentata in sala dura 178 minuti; solo in Italia è circolata una versione ridotta a 135 per espressa volontà del distributore. Seguito da Manderlay (2005).
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