Dov'è il mio corpo?
J'ai perdu mon corps
Durata
81
Formato
Regista
Una mano mozzata scappa da un ospedale: da lì inizierà un viaggio alla ricerca del suo proprietario. Si tratta di Naoufel, un ragazzo di origine araba: attraverso i ricordi, la mano ripercorre la sua vita.
Sorprendente esordio cinematografico per Jérémy Clapin, che dopo alcuni cortometraggi ha presentato al Festival di Cannes 2019 quest’opera singolare, poetica e toccante. Il punto di vista di tutto l’intreccio è quello della mano di Naoufel, figlio di musicisti che sin da piccolo sognava di diventare anche lui un artista ma che, a causa di tragiche vicende, ha dovuto modificare i suoi piani. Lo scopriamo grazie alla mano, che tanto ricorda visivamente quella celeberrima della Famiglia Addams: il suo viaggio va ben oltre quello fisico nelle strade di Parigi, quasi trascurabile di fronte a quello nei ricordi e nella vita del giovane. Non è un mistero che la conoscenza aptica sia tra le più importanti e che il tatto sia uno dei primi sensi a svilupparsi: nel film, lo notiamo in sequenze dal forte registro poetico (una mano che spunta da sotto la sabbia per raccogliere una conchiglia), a quelle relative all’azione (acchiappare una mosca) fino a quelle maggiormente di tensione come quella nella metropolitana con i ratti. Una colonna sonora ottima scandisce il ritmo dell’intreccio, in cui non mancano riferimenti cinefili, come Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone. Diverse le scene notevolissime, su cui probabilmente spicca quella del volo della mano nei cieli parigini attaccata a un ombrello sospinta dal vento: l’opera di Clapin, giustamente candidata all’Oscar come miglior film d’animazione, è un crescendo di emozioni che accompagnano la vita del giovane, dall’infanzia di sogni spezzati a una nuova vita dove l’amore è cercato, sfiorato, e forse trovato. Basta fare un gesto irrazionale: come un salto. La storia è basata sul romanzo Happy Hand di Guillaume Laurant, romanziere e sceneggiatore, nonché collaboratore nella stesura del copione de Il favoloso mondo di Amélie, che ha lavorato insieme al regista Jérémy Clapin per la creazione dell’adattamento animato.
Sorprendente esordio cinematografico per Jérémy Clapin, che dopo alcuni cortometraggi ha presentato al Festival di Cannes 2019 quest’opera singolare, poetica e toccante. Il punto di vista di tutto l’intreccio è quello della mano di Naoufel, figlio di musicisti che sin da piccolo sognava di diventare anche lui un artista ma che, a causa di tragiche vicende, ha dovuto modificare i suoi piani. Lo scopriamo grazie alla mano, che tanto ricorda visivamente quella celeberrima della Famiglia Addams: il suo viaggio va ben oltre quello fisico nelle strade di Parigi, quasi trascurabile di fronte a quello nei ricordi e nella vita del giovane. Non è un mistero che la conoscenza aptica sia tra le più importanti e che il tatto sia uno dei primi sensi a svilupparsi: nel film, lo notiamo in sequenze dal forte registro poetico (una mano che spunta da sotto la sabbia per raccogliere una conchiglia), a quelle relative all’azione (acchiappare una mosca) fino a quelle maggiormente di tensione come quella nella metropolitana con i ratti. Una colonna sonora ottima scandisce il ritmo dell’intreccio, in cui non mancano riferimenti cinefili, come Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone. Diverse le scene notevolissime, su cui probabilmente spicca quella del volo della mano nei cieli parigini attaccata a un ombrello sospinta dal vento: l’opera di Clapin, giustamente candidata all’Oscar come miglior film d’animazione, è un crescendo di emozioni che accompagnano la vita del giovane, dall’infanzia di sogni spezzati a una nuova vita dove l’amore è cercato, sfiorato, e forse trovato. Basta fare un gesto irrazionale: come un salto. La storia è basata sul romanzo Happy Hand di Guillaume Laurant, romanziere e sceneggiatore, nonché collaboratore nella stesura del copione de Il favoloso mondo di Amélie, che ha lavorato insieme al regista Jérémy Clapin per la creazione dell’adattamento animato.