L’adieu à la nuit

L'adieu à la nuit

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104

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Muriel (Catherine Deneuve), proprietaria di un maneggio nella campagna francese, conduce una vita tranquilla accanto al suo compagno proveniente dal Maghreb. La sua quotidianità viene scossa quando torna a trovarla dopo lungo tempo il suo amato nipote, Alex (Kacey Mottet Klein), che si sta avvicinando sempre più alla cultura islamica e sembra nascondere qualcosa.



Dimostrando notevole lucidità e una spiccata volontà di confrontarsi con dinamiche sociali di stringente attualità, il settantacinquenne André Téchiné ha realizzato un film di estrema sobrietà stilistica che affronta, da una prospettiva inedita e del tutto anticonvenzionale, il problema della radicalizzazione e dell'adesione a quelle forme di integralismo che hanno ormai carattere globale. Un "racconto di primavera" quasi rohmeriano in cui al sentimento amoroso si sostituisce la ricerca della verità per mezzo della parola, scandito in poche giornate secondo una divisione in capitoli che segue l'evoluzione degli eventi e il cambiamento nei rapporti tra i personaggi. Il problema dell'integrazione diventa oggetto di indagine che va oltre all'accoglienza dello straniero, soffermandosi invece su quanto, spesso, non si conoscano e non si riescano a comprendere fino in fondo le persone più vicine a noi. Un'opera di solida scrittura che trova nella messa in scena fresca e pulita un punto di forza, tesa a mettere in luce l'incapacità di dialogo tra generazioni diverse e la chiusura emotiva dei giovani di oggi. Téchiné rimane sempre alla giusta distanza, senza giudicare, con il naturale scorrere degli eventi che rifiuta quasi la progressione drammatica per concentrarsi sui rapporti umani. Forse semplicistico in alcuni passaggi, ma sempre lontano dal rischio di cadere in facili stereotipi: il quadro d'insieme infatti funziona e gli spunti di riflessione non mancano, soprattutto perché non tutte le domande messe in gioco trovano una risposta certa. Una storia anche di affetti mancati, che riesce a mettere in luce come ogni forma di distacco (famigliare, in questo caso), con conseguente ricerca di nuove esperienze, non sia necessariamente legata a un motivo razionale. Peccato per un epilogo abbastanza banale, ma nel complesso si può dire un film decisamente riuscito. Buona prova della Deneuve, la cui Muriel si trova nella scomoda posizione di dover affrontare una scelta morale non certo facile. Presentato fuori concorso al Festival di Berlino 2019.
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