Premi Principali

Coppa Volpi per la miglior attrice alla Mostra del Cinema di Venezia 2017

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95

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Regista

Rimasta sola dopo l'arresto del marito, Hannah (Charlotte Rampling) vede il suo mondo sgretolarsi lentamente e inesorabilmente.

Andrea Pallaoro, dopo l'esordio Medeas (2013), che aveva fatto molto parlare di sé a livello internazionale rimanendo però pressoché ignorato in Italia, si cimenta con la dolorosissima parabola esistenziale di una donna costretta a fare i conti col peso di una catastrofe affettiva e sentimentale che si abbatte sulla sua vita. Tale frattura è però soltanto l'esile e stiracchiato punto di partenza di un film pretenzioso ma debolissimo, schiacciato, come spesso accade con tanto cinema così minimale e destrutturato, dalle sue stesse ambizioni. Pallaoro costruisce infatti una messa in scena asciutta e misurata che rinuncia alla drammaturgia per limitarsi a tallonare il mistero del dolore della sua protagonista, attraverso piccoli gesti quotidiani reiterati a vuoto, fino allo sfinimento, senza donare a essi nessun valore particolare: i vestiti del marito piegati e riposti nell'armadio, i tanti segmenti di un'esistenza tramutasi in un buco nero, gli altrettanti silenzi dei quali però non viene mai indagata l'origine profonda. Un film che non riesce mai a dare davvero corpo allo stile estremo che sceglie di maneggiare, un asciutto esercizio di scarnificazione nel quale però si lambisce soltanto la patina più superficiale sia delle immagini che del dolore rappresentato. La svolta narrativa più agghiacciante è suggerita, in linea col resto dell'operazione, con estremo pudore, ma anche tale reticenza appare troppo strumentale per colpire a cuore o lasciare il segno. Non si può negare l'eccezionale bravura di Charlotte Rampling (premiata alla Mostra di Venezia con la Coppa Volpi) nel reggere il film tutto sulle sue spalle, esibendo con coraggio un corpo invecchiato e smagrito e un volto espressivo che fa i conti con le tante superfici riflettenti attraverso cui il regista lo mostra, ma il suo personaggio e i suoi strazi, così come i suoi estatici momenti di contemplazione, sono troppi inermi per acquisire la dignità e lo spessore di un vero ritratto psicologico.
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