L'epilettico taglialegna Alexi (Dmitriy Kubasov) abita in mezzo a un inquietante bosco insieme alla sorella Hege (Natálie Rehorová), che ama profondamente, e il resto della famiglia. La pace del nucleo familiare viene interrotta dall'arrivo dello straniero Jurgen (Alexei Solonchev).

Il coerentissimo Grandrieux, al suo terzo lungometraggio, ha deciso di applicare il proprio controverso stile a un'ambientazione e a una materia narrativa che si discostano da quelle dei due film precedenti, Sombre (1998) e La vie nouvelle (2002): non più sciatti bordelli e omicidi perversi, bensì un morboso e incestuoso quadretto familiare violato dalla presenza di un elemento esterno, un forestiero simile all'ospite (Terence Stamp) del Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini. Il risultato non è certamente eccelso, ma la regia di Grandrieux (qui più che mai “epilettica”) appare funzionale a una vicenda borderline narrata come un apologo tenebroso e primitivo. Un'opera disturbante, da vivere come un'esperienza audiovisiva estrema, che crea situazioni inquietanti non puntando sull'eccesso grafico quanto sul morboso, agendo violentemente ma in sordina. Purtroppo, però, alla resa dei conti il risultato è molto più carente di quanto si potesse presagire inizialmente. Menzione speciale nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia.
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