
La lettera scarlatta
The Scarlett Letter
Durata
135
Formato
Regista
1660, New England. Da quando suo marito (Robert Duvall) è stato rapito, Hester Prynne (Demi Moore) vive una storia d'amore con il reverendo Arthur Dimmesdale (Gary Oldman) e mette al mondo una bambina. La sua comunità la bolla come adultera, il marito torna dopo tanto tempo, ma lei si rifiuta di rivelare l'identità del padre. Viene allora costretta a indossare una 'A' scarlatta cucita sugli abiti, quale segno indelebile del proprio tradimento.
Visto il nome del regista Roland Joffé e il cast di notevole profilo, le premesse per dare vita a un interessante adattamento del romanzo di Nathaniel Hawthorne (1850) c'erano tutte. Peccato che il risultato sia distantissimo da tali aspettative: se il romanzo portava avanti una riflessione sofferta sul senso di colpa, sull'espiazione e sulla redenzione, trasformandosi in un inno alla libertà e al contempo in un'analisi spietata sulla sottile malvagità della società come corpo malevolo, il film cancella bellamente tutto ciò e si poggia su basi totalmente inconsistenti. L'adattamento cinematografico non possiede nemmeno l'ombra della carica emotiva del testo e, peccando di una superficialità talvolta perfino aberrante, non riesce a riportare in scena la complessità e i tormenti radicali della vicenda di una delle più affascinanti eroine della letteratura americana, smarrendo per strada ogni piega della pagina scritta. I codici della rappresentazione hollywoodiana finiscono col risultare decisamente sovraccarichi, di una banalità inquietantemente vicina al cattivo gusto. La recitazione mediocre è la ciliegina su un disastro generalizzato: la Moore dei tempi è piatta e anodina, mentre Oldman nei panni di un reverendo non è proprio credibilissimo.
Visto il nome del regista Roland Joffé e il cast di notevole profilo, le premesse per dare vita a un interessante adattamento del romanzo di Nathaniel Hawthorne (1850) c'erano tutte. Peccato che il risultato sia distantissimo da tali aspettative: se il romanzo portava avanti una riflessione sofferta sul senso di colpa, sull'espiazione e sulla redenzione, trasformandosi in un inno alla libertà e al contempo in un'analisi spietata sulla sottile malvagità della società come corpo malevolo, il film cancella bellamente tutto ciò e si poggia su basi totalmente inconsistenti. L'adattamento cinematografico non possiede nemmeno l'ombra della carica emotiva del testo e, peccando di una superficialità talvolta perfino aberrante, non riesce a riportare in scena la complessità e i tormenti radicali della vicenda di una delle più affascinanti eroine della letteratura americana, smarrendo per strada ogni piega della pagina scritta. I codici della rappresentazione hollywoodiana finiscono col risultare decisamente sovraccarichi, di una banalità inquietantemente vicina al cattivo gusto. La recitazione mediocre è la ciliegina su un disastro generalizzato: la Moore dei tempi è piatta e anodina, mentre Oldman nei panni di un reverendo non è proprio credibilissimo.