Il mio miglior nemico
Durata
110
Formato
Regista
Dopo aver licenziato Annarita Rinalduzzi (Sara Bertelà), accusata di furto, il dirigente alberghiero Achille De Bellis (Carlo Verdone) viene perseguitato dal figlio della donna, Orfeo (Silvio Muccino). Il giovane, sfrontato e testardo, ha scattato foto compromettenti che potrebbero porre fine alla carriera e al matrimonio di Achille e minaccia di renderle pubbliche. La situazione si complica ulteriormente quando Orfeo si innamora di Cecilia (Ana Caterina Morariu), la figlia del suo peggior nemico.
Operazione commerciale costruita a tavolino per mettere fianco a fianco due nomi garanzia di successo al box office. Peccato che al di là di mere questione economiche poco o altro ci sia dietro questo film, uno dei punti più bassi e avvilenti dell'intera produzione di Carlo Verdone. Le difficoltà in fase di scrittura (sette versioni di sceneggiatura stese nell'arco di un anno e mezzo dai due protagonisti con la collaborazione di Pasquale Plastino e Silvia Rafagni) giustificano solo in parte un risultato di tale sgradevolezza e grossolanità, molto vicino ai miserrimi standard di un cinepanettone. Scrittura che gioca con una comicità fastidiosamente volgare, che vive di macchiette e personaggi insopportabili, sopra le righe e nevrastenici. Regia inesistente, colonna sonora sfiancante e comparto attoriale da mani nei capelli: da un Verdone che pare parodiare sé stesso a un Silvio Muccino inascoltabile nel suo cercare di compensare con grida e scatti di nervi la sua totale inespressività e inadeguatezza. Budget stratosferico messo a disposizione da Aurelio De Laurentiis sperperato in inutili scene girate tra Sabaudia, il Lago di Como, Ginevra e Istanbul. Sfacciato e onnipresente product placement che fa sembrare Michael Bay un dilettante. Disastroso.
Operazione commerciale costruita a tavolino per mettere fianco a fianco due nomi garanzia di successo al box office. Peccato che al di là di mere questione economiche poco o altro ci sia dietro questo film, uno dei punti più bassi e avvilenti dell'intera produzione di Carlo Verdone. Le difficoltà in fase di scrittura (sette versioni di sceneggiatura stese nell'arco di un anno e mezzo dai due protagonisti con la collaborazione di Pasquale Plastino e Silvia Rafagni) giustificano solo in parte un risultato di tale sgradevolezza e grossolanità, molto vicino ai miserrimi standard di un cinepanettone. Scrittura che gioca con una comicità fastidiosamente volgare, che vive di macchiette e personaggi insopportabili, sopra le righe e nevrastenici. Regia inesistente, colonna sonora sfiancante e comparto attoriale da mani nei capelli: da un Verdone che pare parodiare sé stesso a un Silvio Muccino inascoltabile nel suo cercare di compensare con grida e scatti di nervi la sua totale inespressività e inadeguatezza. Budget stratosferico messo a disposizione da Aurelio De Laurentiis sperperato in inutili scene girate tra Sabaudia, il Lago di Como, Ginevra e Istanbul. Sfacciato e onnipresente product placement che fa sembrare Michael Bay un dilettante. Disastroso.