Armando Feroci (Carlo Verdone) è un volontario della Croce rossa sequestrato e condannato a morte in un paese del Nord Africa. Attraverso le testimonianze di amici e parenti emerge un quadro non proprio idilliaco dell'uomo descritto come un inetto, convinto di essere il figlio di Elvis, padre e marito inadeguato, egoista e fanfarone. L'unica ad avere un ricordo più tenero di Armando è la cognata Martina (Regina Orioli).

Carlo Verdone torna a confrontarsi con un personaggio volutamente sopra le righe, un coatto disadattato e reietto, ma in fondo dal buon cuore, mai tratteggiato con disprezzo. Una macchietta che permette all'attore e regista romano di mettere in mostra tutto il suo innegabile talento istrionico. Ma in questo caso la scrittura è debole, la caratterizzazione semplicistica e il personaggio di Armando appare come una stanca riproposizione di un tipo già abbondantemente sviscerato dalla poetica dell'autore, presentato con fin troppa approssimazione e indulgenza, cedendo anche alla volgarità gratuita (finora inedita nella filmografia di Verdone). Davvero pochi i momenti da ricordare in un film esile e dal respiro cortissimo, discontinuo e decisamente poco convincente, malgrado le intenzioni, nel raccontare il presente e un personaggio immaturo e drammatico nel suo immutabile status grottesco. Si sente la mancanza di un efficace contorno di caratteristi.
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