Grande, grosso e Verdone
Durata
135
Formato
Regista
Tre episodi. Leo (Carlo Verdone) deve seppellire la madre ma i funerali e il trasporto della salma al cimitero daranno vita a una vera e propria odissea. Il moralista e dispotico professor Cagnato (Carlo Verdone) vuole controllare la vita sessuale del figlio represso (Andrea Miglio Risi) che medita di liberarsi del padre invadente. I coatti Moreno (ancora Verdone) ed Enza (Claudia Gerini) in viaggio a Taormina con l'apatico figlio Steven (Emanuele Propizio) vengono sedotti rispettivamente da una escort di lusso (Eva Riccobono) e da un concorrente di reality (Roberto Farnesi).
Realizzato come omaggio ai propri fan (che hanno spinto affinché il film vedesse la luce e ne hanno anche suggerito il titolo) il ventunesimo lungometraggio da regista di Carlo Verdone segna un ritorno alle origini, ripescando alcuni delle maschere più amate del suo repertorio attoriale riadattate alla contemporaneità. Ma il risultato è estremamente deludente, arido e ripetitivo, infarcito di gag insulse o, nel migliore dei casi, troppo derivative. Evidente l'assoluta incapacità di rinnovare un repertorio ormai logoro, costretto a ricorere a inutili volgarità per strappare un sorriso agli aficionados dei cinepanettoni. Adagiandosi sull'usato sicuro, Verdone dirige uno dei suoi film più anonimi e insignificanti,dalla scrittura approssimativa e dalle pessime interpretazioni (come nel caso dei due giovani attori nel secondo episodio). A peggiorare ulteriormente un quadro già non propriamente idilliaco, la struttura narrativa basica che non intreccia gli episodi, bensì li giustappone in modo sequenziale. Da segnalare il cameo del figlio di Verdone, Paolo, nei panni dello studente bocciato dal professor Cagnato.
Realizzato come omaggio ai propri fan (che hanno spinto affinché il film vedesse la luce e ne hanno anche suggerito il titolo) il ventunesimo lungometraggio da regista di Carlo Verdone segna un ritorno alle origini, ripescando alcuni delle maschere più amate del suo repertorio attoriale riadattate alla contemporaneità. Ma il risultato è estremamente deludente, arido e ripetitivo, infarcito di gag insulse o, nel migliore dei casi, troppo derivative. Evidente l'assoluta incapacità di rinnovare un repertorio ormai logoro, costretto a ricorere a inutili volgarità per strappare un sorriso agli aficionados dei cinepanettoni. Adagiandosi sull'usato sicuro, Verdone dirige uno dei suoi film più anonimi e insignificanti,dalla scrittura approssimativa e dalle pessime interpretazioni (come nel caso dei due giovani attori nel secondo episodio). A peggiorare ulteriormente un quadro già non propriamente idilliaco, la struttura narrativa basica che non intreccia gli episodi, bensì li giustappone in modo sequenziale. Da segnalare il cameo del figlio di Verdone, Paolo, nei panni dello studente bocciato dal professor Cagnato.