Cowards Bend the Knee
Cowards Bend the Knee
Durata
60
Formato
Regista
Guy Maddin (Darcy Fehr), campione di hockey, fugge dietro a una bella ragazza di nome Meta (Melissa Dionisio), mentre la sua fidanzata è in ospedale per un'interruzione di gravidanza. Meta, però, ha in testa un solo obbiettivo: vendicare l'omicidio di suo padre.
Nato come una semplice installazione al Rotterdam Film Festival del 2003, Cowards Bend the Knee è stato poi trasformato in un lungometraggio diviso in dieci capitoletti. La sua natura originaria, però, pesa non poco e la sensazione di trovarsi di fronte a un progetto di video-arte più che a un'opera cinematografica è piuttosto forte. Seguendo lo stile della nascita del cinema e, successivamente, dei decenni successivi, il film è un nuovo viaggio nella storia della settima arte, tramite l'utilizzo di tecniche vetuste e riprese da Maddin in chiave contemporanea. Il suo progetto autobiografico, però, funziona solo in parte: è un film fascinoso, ma privo di una coerenza narrativa adeguata e incapace di tenere alto il ritmo per tutta la sua durata. Niente di davvero rilevante da segnalare, nonostante gli spunti bizzarri messi in campo. Maddin racconterà se stesso con maggiore vigore in Brand Upon the Brain! (2006) e, soprattutto, in My Winnipeg (2007).
Nato come una semplice installazione al Rotterdam Film Festival del 2003, Cowards Bend the Knee è stato poi trasformato in un lungometraggio diviso in dieci capitoletti. La sua natura originaria, però, pesa non poco e la sensazione di trovarsi di fronte a un progetto di video-arte più che a un'opera cinematografica è piuttosto forte. Seguendo lo stile della nascita del cinema e, successivamente, dei decenni successivi, il film è un nuovo viaggio nella storia della settima arte, tramite l'utilizzo di tecniche vetuste e riprese da Maddin in chiave contemporanea. Il suo progetto autobiografico, però, funziona solo in parte: è un film fascinoso, ma privo di una coerenza narrativa adeguata e incapace di tenere alto il ritmo per tutta la sua durata. Niente di davvero rilevante da segnalare, nonostante gli spunti bizzarri messi in campo. Maddin racconterà se stesso con maggiore vigore in Brand Upon the Brain! (2006) e, soprattutto, in My Winnipeg (2007).