
L'ereditiera
The Heiress
Premi Principali

Oscar alla miglior attrice protagonista 1950

Golden Globe alla miglior attrice protagonista 1950
Durata
115
Formato
Regista
La giovane Catherine (Olivia de Havilland) è timida e ordinaria, succube delle critiche del padre (Ralph Richardson), che nutre più di una riserva sull'interesse del bel Morris (Montgomery Clift) verso la figlia. L'uomo, infatti, sparisce dopo averla illusa. Quando il padre della donna muore e lei riceve una cospicua eredità, Morris ritorna. Ma non ha fatto i conti con la vendetta della ragazza.
Ispirato a Washington Square (1880) di Henry James e alla riduzione dello stesso romanzo sviluppata per il teatro da Ruth e Augustus Goetz (autori anche della sceneggiatura del film), L'ereditiera riconferma la visione solida, vibrante e tensiva del cinema di William Wyler, maestro di drammi sentimentali. Il personaggio di Catherine Sloper, tra umiltà ed effettiva modestia, è incisivo e scritto con grande spessore: Olivia de Havilland, chiamata a interpretarlo, è intensa e dolente, capace di raggiungere picchi istrionici (soprattutto nel ferino, catartico, finale) da manuale. Non a caso vinse l'Oscar, e non fu l'unica: insieme a lei furono premiati i costumi (Edith Head e Gile Steele), le scenografie (Meehan, Horner e Kuri) e le musiche (Aaron Copland). Molto bene anche Montgomery Clift nei panni del subdolo Morris, e due vecchie volpi come Ralph Richardson e Miriam Hopkins. Limitarsi alla componente attoriale – seppur superba, come in questo caso – è però ingiusto nei confronti di William Wyler: è a lui che va il merito maggiore, quello di aver reso palpitante e credibile un racconto a suo modo inizialmente dimesso, ma che diventa in fretta romantico, coinvolgente e straordinariamente affilato.
Ispirato a Washington Square (1880) di Henry James e alla riduzione dello stesso romanzo sviluppata per il teatro da Ruth e Augustus Goetz (autori anche della sceneggiatura del film), L'ereditiera riconferma la visione solida, vibrante e tensiva del cinema di William Wyler, maestro di drammi sentimentali. Il personaggio di Catherine Sloper, tra umiltà ed effettiva modestia, è incisivo e scritto con grande spessore: Olivia de Havilland, chiamata a interpretarlo, è intensa e dolente, capace di raggiungere picchi istrionici (soprattutto nel ferino, catartico, finale) da manuale. Non a caso vinse l'Oscar, e non fu l'unica: insieme a lei furono premiati i costumi (Edith Head e Gile Steele), le scenografie (Meehan, Horner e Kuri) e le musiche (Aaron Copland). Molto bene anche Montgomery Clift nei panni del subdolo Morris, e due vecchie volpi come Ralph Richardson e Miriam Hopkins. Limitarsi alla componente attoriale – seppur superba, come in questo caso – è però ingiusto nei confronti di William Wyler: è a lui che va il merito maggiore, quello di aver reso palpitante e credibile un racconto a suo modo inizialmente dimesso, ma che diventa in fretta romantico, coinvolgente e straordinariamente affilato.