La devota Anna Maria (Maria Hofstätter) vive una quotidianità alienante tra la frequentazione di gruppi religiosi, il tentativo di spingere il prossimo alla preghiera e i turbamenti di una sessualità castrata dalla propria vocazione. L'arrivo dell'ex marito paralitico Nabil (Nabil Saleh) e un rapporto sempre più morboso con la fede faranno precipitare gli eventi.

Secondo capitolo della cosiddetta trilogia Paradise (preceduto da Paradise: Love del 2012 e seguito da Paradise: Hope, 2013), in cui l'austriaco Ulrich Seidl (anche sceneggiatore con Veronika Franz) dà sfogo a una narcisistica vena provocatoria, mettendo in scena il dissidio interiore di una protagonista perseguitata dalle proprie insanabili contraddizioni. Ossessioni (il fanatismo religioso), compulsioni (la discussa e discutibile sequenza del crocefisso usato in maniera non proprio convenzionale) e uno stile votato al documentarismo, in cui la macchina da presa statica e le inquadrature fisse e geometriche dovrebbero veicolare una metafora sociale e psicologica, enfatizzando lo straniamento: ambizioni che falliscono miseramente per un'opera presuntuosa e incoerente, destinata a precipitare nel grottesco e nel ridicolo involontario. Esecrabile. Premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia.
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