Le storie, opposte e parallele, di due solitudini. L'infermiera Olga (Ekateryna Rak), in cerca di fortuna e sostentamento, si trasferisce dall'Europa dell'Est a Vienna, dove tenta inutilmente di cambiare la sua vita; l'austriaco Paul (Paul Hofmann) parte per l'Ucraina con il patrigno Michael (Michael Thomas), provando a trovare lavoro.

A distanza di sei anni da Canicola (2001), Ulrich Seidl (anche sceneggiatore con Veronika Franz) torna al lungometraggio di finzione, mirando a tratteggiare il lato oscuro e bieco dell'essere umano, corrotto da una società ipocrita e spersonalizzante. La coerenza tematica, così come quella stilistica (disturbanti geometrie e alienanti quadri fissi, alternati a riprese quasi documentaristiche), non manca, ma questo non basta a definire una denuncia quantomeno vaga e pretestuosa; e il risultato sembra soddisfare gli scopi prettamente morbosi e referenziali di un regista che punta allo shock, riuscendo solo a fare della sterile provocazione, tra sesso, pornografia e squallore dilagante. Autorialità presunta per un'operazione fondamentalmente gratuita. Musiche di Roman Gottwald. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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