Un giovane indù (Massimo Girotti) si innamora di una ragazza bianca (Clara Calamai) tenuta in ostaggio da una tribù. Nel tentativo di liberarla, viene scoperto e fatto prigioniero. La libertà gli viene proposta in cambio di un arduo compito: uccidere il governatore inglese a capo della colonia.

Dopo essersi cimentato con la narrativa salgariana in La figlia del corsaro verde (1940), Enrico Guazzoni torna a trattare la medesima materia con questa pellicola che segna però un notevole passo indietro rispetto al titolo precedente. Il film non diverte lo spettatore e lascia rimpiangere le sequenze più concitate del lavoro sopraccitato, rispetto al quale la debolezza degli intenti complessivi è ben più marcata e macroscopica. Il cineasta, dal canto suo, diirige il tutto senza tanta voglia e con poca passione: le svolte narrative sono ingenue, un difetto che probabilmente ci si porta dietro dal romanzo di riferimento, e al giorno d'oggi l'operazione sembra invecchiata male in tutte le sue componenti, che pure all'epoca saranno risultate un minimo più calzanti e sintonizzate sui tempi. A ogni modo è proprio la messa in scena a lasciare perplessi più di ogni altra cosa per la sua ondivaga e imprescindibile dose d'incertezza, specchio perfetto di una pellicola gestita in modo disattento e interpretata da un cast disorientato e mal calato nelle rispettive parti.
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