Que ta joie demeure
Que ta joie demeure
Durata
70
Formato
Regista
Viaggio alla ricerca del senso del lavoro e di ciò che anima vari lavoratori, ripresi nel loro habitat di occupazione.
Sulla scia di Carcasses (2009) e Bestiaire (2012), il regista canadese Denis Côté torna a sperimentare sulla forma del documentario, creando un sistema di immagini e di situazioni simile, in qualche modo, a un flusso di coscienza, senza però raggiungere il livello ottenuti con le due opere precedenti e realizzando un film più interessante nelle intenzioni che nei risultati. Film che appare vittima soprattutto di una stilizzazione eccessiva e di una altrettanto eccessiva astrazione che, spesso, rischiano di svuotare di senso la pur interessante idea di fondo la quale, di per sé, riesce comunque a tenere desta l'attenzione (ad esempio, grazie all'assurdità di certi dialoghi, anche tra il lavoratore e il suo oggetto di lavoro). Questo, perlomeno fino a quando il dubbio di assistere a un mero esercizio di stile non distoglie lo spettatore da ogni altra considerazione.
Sulla scia di Carcasses (2009) e Bestiaire (2012), il regista canadese Denis Côté torna a sperimentare sulla forma del documentario, creando un sistema di immagini e di situazioni simile, in qualche modo, a un flusso di coscienza, senza però raggiungere il livello ottenuti con le due opere precedenti e realizzando un film più interessante nelle intenzioni che nei risultati. Film che appare vittima soprattutto di una stilizzazione eccessiva e di una altrettanto eccessiva astrazione che, spesso, rischiano di svuotare di senso la pur interessante idea di fondo la quale, di per sé, riesce comunque a tenere desta l'attenzione (ad esempio, grazie all'assurdità di certi dialoghi, anche tra il lavoratore e il suo oggetto di lavoro). Questo, perlomeno fino a quando il dubbio di assistere a un mero esercizio di stile non distoglie lo spettatore da ogni altra considerazione.