Cosa succede se un potentissimo boss mafioso sta per morire e vuole lasciare il comando della sua spietatissima cosca a un figlio che non ha mai riconosciuto? Ma, soprattutto, cosa succede se quel figlio (Herbert Ballerina) è un innocuo, ingenuo e goffo ragazzotto di 35 anni che fa il chierichetto e che è vissuto in un orfanatrofio di un paesino del Sud Italia?



Parte da queste domande il leggerissimo Quel bravo ragazzo, primo film che vede protagonista Luigi Luciano, in arte Herbert Ballerina, già collaboratore di Maccio Capatonda. Il lungometraggio parte da basi che sanno troppo di già visto (viene in mente spesso Johnny Stecchino di Roberto Benigni), a partire dalla scrittura di un protagonista che è una sorta di candide inserito in un contesto che non gli appartiene ma capace comunque di cavarsela con la sua ingenuità. Non si ride praticamente mai e si sorride raramente, tutto sa di telefonato e la regia di Enrico Lando (I soliti idioti) non è certamente in grado di alzare le sorti di un copione debolissimo. Evitabile.
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