Una madre cieca (Liliana Gerace), emblema decaduto di una famiglia borghese della provincia piacentina, assiste al progressivo deterioramento psicologico dei quattro figli, ognuno dei quali vessillo di un disagio morboso, autodistruttivo e malato. A destare particolare preoccupazione è l'epilettico Alessandro (Lou Castel), le cui tendenze psicotiche minacciano i labili equilibri famigliari.

Poeticamente sgarbata, coriacea e scarnificante, l'opera prima di Marco Bellocchio è un grande esempio di un cinema civile, morale e politico che non si permette indulgenze o languori. Straordinariamente privato di ogni forma di pietà nei confronti dei personaggi (e del pubblico cui si rivolge), sovverte (ben prima del '68) canoni e abitudini di un'Italia abituata ad altre storie e ad altre famiglie rappresentate sul grande schermo. Bellocchio istalla e localizza il suo futuro habitat cinematografico nella provincia piacentina e, in particolare, nella natìa Bobbio, dove gira alcune sequenze. Nell'impressionante solidità con cui l'autore si dedica ai suoi personaggi, soprattutto a quelli interpretati da Lou Castel e Paola Pitagora, risiede la forza e l'intrinseca potenza di un film che, a distanza di anni, presenta un coraggio significativo ed esplosivo nel raccontare disagi desolanti e mutilazioni emotive. Opera tragica e al contempo grottesca dai molteplici rimandi e suggestioni (da Renoir a Bresson, passando per Godard e Buñuel) ma che riesce ad essere personalissima, mantenendo, anche a distanza di anni, una potenza espressiva e una maturità narrativa davvero impressionanti, riuscendo a non lasciare indifferenti anche gli spettatori più smaliziati. Persino Franco Zeffirelli, solitamente ipercritico nei confronti del cinema girato dai suoi connazionali, lo ha definito «l'ultimo grande film italiano girato da un regista giovane». Quasi vent'anni dopo, Bellocchio girerà un ideale seguito, Gli occhi, la bocca (1982), tornando a lavorare con Lou Castel. Alcune sequenze de I pugni in tasca sono state riutilizzate dal regista all'interno del film Sorelle (2006).


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