Serafin Geronimo: The Criminal of Barrio Concepcion
Serafin Geronimo: Ang kriminal ng Baryo Concepcion
Durata
132
Formato
Regista
Un uomo di nome Serafin Geronimo (Raymond Bagatsing) confessa di essere l'artefice di un rapimento: tutti lo stavano cercando e lui si mette a raccontare la sua storia.
Aperto con una citazione da Delitto e castigo di Fëdor MichajloviÄ Dostoevskij, che è più di una semplice ispirazione, Serafin Geronimo: The Criminal of Barrio Concepcion è il primo lungometraggio di Lav Diaz. Il regista – che in seguito sarà celebre per i suoi lunghissimi film contrassegnati da magnifici piani-sequenza – non ha ancora grande competenza tecnica, e il suo esordio è un prodotto raffazzonato e grossolano, prolisso e inconsistente. Il conflitto morale che il protagonista si porta dietro è trattato con poco spessore, e non tutte le azioni appaiono credibili al punto giusto: per cercare di colpire lo spettatore, Diaz punta soltanto sulle ferite e il martoriamento corporale, mostrando così di avere ben poche frecce al proprio arco. Non manca nel film una denuncia politica (argomento che verrà toccato con maggiore efficacia nei lavori successivi dell'autore) che risulta, però, un po' fine a se stessa. Peccato, perché in questa opera prima è davvero difficile trovare (a posteriori) le enormi capacità cinematografiche di uno dei registi asiatici più incisivi d'inizio nuovo millennio.
Aperto con una citazione da Delitto e castigo di Fëdor MichajloviÄ Dostoevskij, che è più di una semplice ispirazione, Serafin Geronimo: The Criminal of Barrio Concepcion è il primo lungometraggio di Lav Diaz. Il regista – che in seguito sarà celebre per i suoi lunghissimi film contrassegnati da magnifici piani-sequenza – non ha ancora grande competenza tecnica, e il suo esordio è un prodotto raffazzonato e grossolano, prolisso e inconsistente. Il conflitto morale che il protagonista si porta dietro è trattato con poco spessore, e non tutte le azioni appaiono credibili al punto giusto: per cercare di colpire lo spettatore, Diaz punta soltanto sulle ferite e il martoriamento corporale, mostrando così di avere ben poche frecce al proprio arco. Non manca nel film una denuncia politica (argomento che verrà toccato con maggiore efficacia nei lavori successivi dell'autore) che risulta, però, un po' fine a se stessa. Peccato, perché in questa opera prima è davvero difficile trovare (a posteriori) le enormi capacità cinematografiche di uno dei registi asiatici più incisivi d'inizio nuovo millennio.