Oregon, 1850. Quando il taglialegna Adamo Pontipee (Howard Keele) ritorna a casa con la nuova moglie, la locandiera Milly (Jane Powell), suscita l'invidia dei suoi sei, rozzissimi, fratelli maschi. La cognata decide di aiutarli a raffinare le buone maniere, loro la assecondano ma decidono poi di rapire sei giovanette di un villaggio vicino. Le ragazze, anziché temerli, si affezionano ai Pontipee e non vogliono sentir ragione di tornare alle loro case.

Musical un po' datato, ma divertente e di assoluto culto, Sette spose per sette fratelli è un'operetta di lieve ispirazione maschilista, coloratissima e forsennata. Stanley Donen, maestro nell'inquadrare con disinvoltura i numeri musicali e i performers impegnati a esibirsi, racconta una storia squisitamente americana sul sesso e sui sessi, con la macchina da presa che indugia sui corpi dei suoi interpreti, marionette in CinemaScope di un cinema magari non spiccatamente autoriale ma, in fondo, più che divertente. Finale pimpante, situazioni scalcinate e poco credibili, un filo di melassa di troppo: sono gli ingredienti di un lungometraggio che fu un enorme successo di pubblico. Liberamente ispirato a The Sobbin' Women di Stephen Vincent Benét, a sua volta “ammaliato” dalla vicenda del Ratto delle Sabine. Oscar alla colonna sonora di Adolph Deutsch e Saul Chaplin, e candidature a film, sceneggiatura (Albert Hackett, Frances Goodrich e Dorothy Kingsley), fotografia a colori (George J. Folsey) e montaggio.
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