Raimundo (Walter Chiari) è un giovane timido e pauroso incapace persino di portare a compimento un matrimonio. Il fatto curioso è che nelle sue vene scorre il sangue del leggendario Zorro, suo lontano antenato. Deciso a entrare in convento, un giorno subirà un colpo in testa che risveglierà in lui la forza e la virtù proprie della sua dinastia.

Dopo aver realizzato una sorta di parodia del genere spionistico con È l'amor che mi rovina (1951), Mario Soldati prova ora a ridicolizzare un icona divistica hollywoodiana quale il leggendario Zorro. Purtroppo l'operazione non è riuscita a causa delle poche e vacue trovate parodistiche adottate, il più delle volte piuttosto insipide e all'acqua di rose. Il film sembra, anche in questo caso, più un prodotto studiato a tavolino per sfruttare la popolarità e l'istrionismo di Walter Chiari (vero e proprio mattatore a tutto campo) che altro, data l'insistenza con la quale l'attore viene posto al centro di gag banali e poco divertenti ma in grado di permettergli di utilizzare al meglio la sua mimica peculiare e la sua fisicità altrettanto iconica e riconoscibile. La cornice narrativa è praticamente inesistente, fino a far sembrare l'operazione un film in pieno stile da B-Movie. Anche Soldati sembra non impegnarsi più di tanto in cabina di regia, palesando lui per primo svogliatezza e disinteresse nei riguardi di un progetto che, fatta eccezione per le interpretazioni di Chiari e Gassman, non pare avere davvero nulla da offrire e da mostrare.
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