Malombra
Durata
135
Formato
Regista
Marina di Malombra (Isa Miranda) è una giovane orfana che trova alloggio presso la tenuta di un burbero zio (Gualtiero Tumiati). Questi non la lascia mai uscire di casa concedendole di allontanarsi solo quando si sarà sposata: la ragazza trascorre dunque lunghe giornate in solitudine e scoprirà che la stessa sorte toccò a una sua vecchia antenata morta suicida. Poco alla volta, dunque, Marina penserà di essere la sua reincarnazione e mediterà una vendetta atroce nei confronti del suo aguzzino.
Dopo Piccolo mondo antico (1941), Mario Soldati torna ad adattare un romanzo di Antonio Fogazzaro per il grande schermo. Malombra non è sicuramente all'altezza del titolo sopra citato eppure rimane una pellicola interessante e stimolante, da un più di un punto di vista: il film, pur soffrendo di qualche passaggio di stanca e di una confezione un po' di maniera, dimostra infatti nuovamente il talento visivo del regista, che adotta uno stile sinuoso ed elegante, in netto contrasto con lo stato psicologico della protagonista, più tetro e obliquo. È da sottolineare, inoltre, il coraggio dell'autore nell'allontanarsi dall'estetica neorealista che sarebbe esplosa di lì a poco, per insistere invece su scelte più grottesche e su elementi marcatamente atmosferici, come l'indimenticabile sequenza finale: una presa di posizione talmente forte e violenta da consentire al film di non puntare troppo sulla psicologia dei personaggi, della quale non si avverte l'assenza, occupati come si è a specchiarsi in una messa in scena che può vantare più di un elemento d'interesse.
Dopo Piccolo mondo antico (1941), Mario Soldati torna ad adattare un romanzo di Antonio Fogazzaro per il grande schermo. Malombra non è sicuramente all'altezza del titolo sopra citato eppure rimane una pellicola interessante e stimolante, da un più di un punto di vista: il film, pur soffrendo di qualche passaggio di stanca e di una confezione un po' di maniera, dimostra infatti nuovamente il talento visivo del regista, che adotta uno stile sinuoso ed elegante, in netto contrasto con lo stato psicologico della protagonista, più tetro e obliquo. È da sottolineare, inoltre, il coraggio dell'autore nell'allontanarsi dall'estetica neorealista che sarebbe esplosa di lì a poco, per insistere invece su scelte più grottesche e su elementi marcatamente atmosferici, come l'indimenticabile sequenza finale: una presa di posizione talmente forte e violenta da consentire al film di non puntare troppo sulla psicologia dei personaggi, della quale non si avverte l'assenza, occupati come si è a specchiarsi in una messa in scena che può vantare più di un elemento d'interesse.