Tabu
Tabu
Durata
118
Formato
Regista
Una donna lisbonese, Pilar (Teresa Madruga), è ormai in pensione e dedica tutto il suo tempo al volontariato, oltre a parlare con Aurora (Laura Soveral), sua vicina di casa. Quando quest'ultima finisce in ospedale, Pilar verrà in contatto con uomo, Gian Luca Ventura (Henrique Espírito Santo), legato a doppio filo col passato di Aurora.
Ottimo film del regista portoghese Miguel Gomes, che cattura l'anima del proprio paese facendo dialogare in maniera fluida presente e passato, e immergendo la propria visione del mondo in un bianco e nero elegante ma non lezioso, dal sapore vagamente onirico. Un'opera di fantasmi che descrive la vecchiaia con la stessa delicatezza e lucidità con la quale rievoca un passato che viene a galla lentamente, e nel quale alle litanie della terza età si sostituisce l'avventura e il suo fascino ammaliante, tra coccodrilli e perizie. Gomes omaggia Murnau nel titolo (e non solo: il nome di una delle protagoniste è Aurora, come il capolavoro del regista tedesco del 1927) e guarda al cinema che fu adattando la modernità di certe soluzioni espressive al proprio tempo e all'anima del suo paese. Il Portogallo rivive nello sguardo dell'autore e in un fitto schema di simboli, gestito con sorprendente forza intellettuale e con una invidiabile concretezza. Non era facile, infatti, muoversi in una simile palude irta di insidie raggiungendo un equilibrio e una compostezza così aurea e matura partendo da premesse ambiziose e tutt'altro che semplificate. Gomes ci riesce al suo terzo lungometraggio, imponendosi all'attenzione del cinema internazionale come un vero e proprio cavallo di razza. Premio FIPRESCI al Festival di Berlino. Presentato in Italia nella sezione Onde del Torino Film Festival.
Ottimo film del regista portoghese Miguel Gomes, che cattura l'anima del proprio paese facendo dialogare in maniera fluida presente e passato, e immergendo la propria visione del mondo in un bianco e nero elegante ma non lezioso, dal sapore vagamente onirico. Un'opera di fantasmi che descrive la vecchiaia con la stessa delicatezza e lucidità con la quale rievoca un passato che viene a galla lentamente, e nel quale alle litanie della terza età si sostituisce l'avventura e il suo fascino ammaliante, tra coccodrilli e perizie. Gomes omaggia Murnau nel titolo (e non solo: il nome di una delle protagoniste è Aurora, come il capolavoro del regista tedesco del 1927) e guarda al cinema che fu adattando la modernità di certe soluzioni espressive al proprio tempo e all'anima del suo paese. Il Portogallo rivive nello sguardo dell'autore e in un fitto schema di simboli, gestito con sorprendente forza intellettuale e con una invidiabile concretezza. Non era facile, infatti, muoversi in una simile palude irta di insidie raggiungendo un equilibrio e una compostezza così aurea e matura partendo da premesse ambiziose e tutt'altro che semplificate. Gomes ci riesce al suo terzo lungometraggio, imponendosi all'attenzione del cinema internazionale come un vero e proprio cavallo di razza. Premio FIPRESCI al Festival di Berlino. Presentato in Italia nella sezione Onde del Torino Film Festival.