Il testimone
Durata
86
Formato
Regista
Pietro (Roldano Lupi) è accusato di omicidio e viene condannato a morte in seguito alla testimonianza di un anziano ragioniere dell'anagrafe (Ernesto Almirante). L'uomo ben presto inizia ad avere dei dubbi che diventano sempre più laceranti, tanto da convincersi a ritirare la propria deposizione. Liberato, Pietro conosce Lidia (Marina Berti), se ne innamora e vorrebbe sposarla. Nello sbrigare le varie pratiche burocratiche, Pietro rincontra il ragioniere e si sente improvvisamente minacciato.
Primo film da regista per Pietro Germi: un noir decisamente anomalo rispetto agli standard della produzione italiana dell'epoca. Rifuggendo i dettami del neorealismo, infatti, il cineasta esordiente sa muoversi con sicurezza tra le maglie codificate del cinema di genere, mostrando una notevole padronanza del mezzo cinematografico e imbastendo un racconto in cui la tensione psicologica è vera e propria forza motrice. Evidenti i debiti al cinema americano e alla letteratura russa (i temi di colpa e espiazione) e notevole l'apparato formale che sfrutta in maniera funzionale le tonalità ombrose e gli spazi per creare un'atmosfera di costante pericolo e angosciosa attesa. Peccato quindi per qualche macchinosità narrativa di troppo e una gestione del ritmo non sempre all'altezza che comunque non pregiudicano la riuscita di un debutto assai interessante, insolito e intrigante. Molti nomi illustri del cinema italiano collaborarono alla realizzazione del film: Alessandro Blasetti come supervisore, Cesare Zavattini come sceneggiatore e Mario Monicelli come aiuto regista.
Primo film da regista per Pietro Germi: un noir decisamente anomalo rispetto agli standard della produzione italiana dell'epoca. Rifuggendo i dettami del neorealismo, infatti, il cineasta esordiente sa muoversi con sicurezza tra le maglie codificate del cinema di genere, mostrando una notevole padronanza del mezzo cinematografico e imbastendo un racconto in cui la tensione psicologica è vera e propria forza motrice. Evidenti i debiti al cinema americano e alla letteratura russa (i temi di colpa e espiazione) e notevole l'apparato formale che sfrutta in maniera funzionale le tonalità ombrose e gli spazi per creare un'atmosfera di costante pericolo e angosciosa attesa. Peccato quindi per qualche macchinosità narrativa di troppo e una gestione del ritmo non sempre all'altezza che comunque non pregiudicano la riuscita di un debutto assai interessante, insolito e intrigante. Molti nomi illustri del cinema italiano collaborarono alla realizzazione del film: Alessandro Blasetti come supervisore, Cesare Zavattini come sceneggiatore e Mario Monicelli come aiuto regista.