Il brigante di Tacca del Lupo
Durata
93
Formato
Regista
Nel 1863 una compagnia di bersaglieri comandata dal capitano Giordani (Amedeo Nazzari) viene convocata a Melfi, in Basilicata, per reprimere la banda di briganti capitanata dal losco Raffa Raffa (Oreste Romoli) che non riconosce il Regno d'Italia e sostiene il ritorno dei Borboni. Anche grazie all'aiuto del commissario Siceli (Saro Urzì), i bersaglieri riescono a espugnare il luogo dove il bandito si nasconde e a sconfiggere la sua banda.
Adattando l'omonimo romanzo di Riccardo Bachelli, Germi inserisce un soggetto di matrice risorgimentale in un contesto da western. Attento alla lezione del cinema americano, il regista è mirabile nello sfruttare al meglio gli ambienti in chiave espressiva e confezionare un prodotto d'impeccabile professionalità, ma tutto sommato non troppo sentito oltre che poco attendibile e veritiero dal punto di vista storico. Lo scontro tra l'irruenza dell'inflessibile Giordani e l'intelligenza machiavellica di Siceli segna le distinzioni tra due diversi modi di intendere il mantenimento dell'ordine: passionale e energico pur sempre ligio alle autorità superiori quello del capitano dei bersaglieri; calcolatore e più propenso a usare l'astuzia al posto della forza quello del commissario. Ma, rispetto alle opere precedenti di Germi, l'affresco sociale appare più schematico e meno partecipe, sacrificato in nome di una spettacolarità il cui apice è rappresentato dall'epica battaglia finale, cruenta e trascinante, grazie a una regia essenziale e a un montaggio frenetico e impetuoso. Ed è proprio nelle sequenze d'azione che il regista dà il meglio di sé, regalando almeno un paio di scene memorabili, riscattando in parte le ingenuità e le incongruenze di una sceneggiatura firmata in collaborazione con Federico Fellini e Tullio Pinelli.
Adattando l'omonimo romanzo di Riccardo Bachelli, Germi inserisce un soggetto di matrice risorgimentale in un contesto da western. Attento alla lezione del cinema americano, il regista è mirabile nello sfruttare al meglio gli ambienti in chiave espressiva e confezionare un prodotto d'impeccabile professionalità, ma tutto sommato non troppo sentito oltre che poco attendibile e veritiero dal punto di vista storico. Lo scontro tra l'irruenza dell'inflessibile Giordani e l'intelligenza machiavellica di Siceli segna le distinzioni tra due diversi modi di intendere il mantenimento dell'ordine: passionale e energico pur sempre ligio alle autorità superiori quello del capitano dei bersaglieri; calcolatore e più propenso a usare l'astuzia al posto della forza quello del commissario. Ma, rispetto alle opere precedenti di Germi, l'affresco sociale appare più schematico e meno partecipe, sacrificato in nome di una spettacolarità il cui apice è rappresentato dall'epica battaglia finale, cruenta e trascinante, grazie a una regia essenziale e a un montaggio frenetico e impetuoso. Ed è proprio nelle sequenze d'azione che il regista dà il meglio di sé, regalando almeno un paio di scene memorabili, riscattando in parte le ingenuità e le incongruenze di una sceneggiatura firmata in collaborazione con Federico Fellini e Tullio Pinelli.