1971. Tigerland è una landa desolata, dove le reclute americane vengono mandate ad addestrarsi in previsione di una loro spedizione in Vietnam. In mezzo a tante sofferenze e umiliazioni, un gruppo di commilitoni, tra cui lo spavaldo Roland Bozz (Colin Farrell), scoprirà la devastante violenza psicologica impartita dagli alti ufficiali.

Una pellicola ambiziosa che esplora l'orrore con cui sono costrette a confrontarsi le reclute prima di ritrovarsi effettivamente impegnati nell'incubo allucinato del campo di battaglia. La violenza verbale e la devastazione interiore anticipano una discesa agli inferi senza via d'uscita, in grado di distruggere la mente e il corpo dell'individuo, ridotto a figura spettrale. Un'opera realizzata in condizioni difficili, girata con un'unica macchina da presa a spalla, che mostra, attraverso un livido taglio documentaristico, un ritratto realistico e spiazzante. Molto coerente ed efficace dal punto di vista stilistico, più scontato quando si addentra nella psicologia dei personaggi. Schumacher non è a suo agio quando bisogna lavorare di fino, e si vede. Farrell, per quanto più interessato ad apparire che a calarsi nella parte, si dimostra una scelta azzeccata.
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