Un gruppo di tipizzati adolescenti omosessuali si muove in un gigantesco affresco avant-pop.

Nel panorama indie capita a volte che vi siano registi in grado di rappresentare la realtà sociale e culturale che li ha prodotti, superando prerogative e stilemi artistici. E tra questi vi è certamente Gregg Araki, che con Totally Fucked Up inaugura una trilogia (le opere successive saranno Doom Generation del 1995, di cui questo film è il preludio, ed Ecstasy Generation del 1997) sulla generazione pop, malinconica e possibilista, degli anni Novanta. Personaggi che vagano in lande fatte di lavanderie a gettoni, negozi, supermercati h24, come fossero in un luna park appena abbandonato, dove la malinconia e l'alienazione vivono tra colori sgargianti e musica pop. Araki, come dimostrerà nei film successivi, sa miscelare gli elementi della cultura pop per dar vita a incubi cinematografici travestiti da brillanti videoclip. Totally Fucked Up è figlio di una cultura che trova i suoi modelli stilistici su MTV, negli stacchi improvvisi, negli pseudo valori inculcati dalla tv generalista e nell'inesorabile decadimento della realtà circostante. Estremo e imperfetto, superficiale e profondissimo allo stesso tempo: in ogni caso, da vedere.
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