Umiliati
Durata
35
Formato
Regista
Dopo Operai, contadini (2001), che parlava della nascita di una comune italiana mostrandocene la formazione e la composizione eterogenea, un altro film tratto da Le donne di Messina di Elio Vittorini, che stavolta parla della dissoluzione della medesima organizzazione comunitaria.
Straub e Huillet, secondo una prassi consolidata che nel corso della loro carriera si è ripetuta più e più volte, tornano sul luogo del delitto e si cimentano nuovamente con gli scritti di Elio Vittorini, lavorando in questo caso non sulla costruzione ma sulla distruzione, non sull'assemblaggio ma sulla disgregazione. L'approccio dei due autori è anche stavolta ermeneutico e cervellotico, a tal punto da sfociare nel criptico: lo stile barricadero della regia non conosce mezzi termini e non fa nulla per sottolineare l'idea di voler maneggiare un testo letterario sotto una luce rinnovata e magari diversa, limitandosi a mettere in piedi una versione formalmente feroce e visivamente raggelata del modello di riferimento. L'oltranzismo dei registi ripaga tuttavia solo a corrente alternata, faticando a imporre la valenza del proprio voto di castità in ogni passaggio di un'opera tanto densa quanto attorcigliata su se stessa, intenta a restituire il cacofonico rumore del mondo da una prospettiva nichilista (ovvero senza mai muovere la macchina da presa, giusto per evidenziare il contrassegno stilistico più evidente). Musica di Edgar Varèse.
Straub e Huillet, secondo una prassi consolidata che nel corso della loro carriera si è ripetuta più e più volte, tornano sul luogo del delitto e si cimentano nuovamente con gli scritti di Elio Vittorini, lavorando in questo caso non sulla costruzione ma sulla distruzione, non sull'assemblaggio ma sulla disgregazione. L'approccio dei due autori è anche stavolta ermeneutico e cervellotico, a tal punto da sfociare nel criptico: lo stile barricadero della regia non conosce mezzi termini e non fa nulla per sottolineare l'idea di voler maneggiare un testo letterario sotto una luce rinnovata e magari diversa, limitandosi a mettere in piedi una versione formalmente feroce e visivamente raggelata del modello di riferimento. L'oltranzismo dei registi ripaga tuttavia solo a corrente alternata, faticando a imporre la valenza del proprio voto di castità in ogni passaggio di un'opera tanto densa quanto attorcigliata su se stessa, intenta a restituire il cacofonico rumore del mondo da una prospettiva nichilista (ovvero senza mai muovere la macchina da presa, giusto per evidenziare il contrassegno stilistico più evidente). Musica di Edgar Varèse.