Angeli violati
Okasareta hakui
Durata
56
Formato
Regista
Un ragazzo apatico e impotente (Juro Kara) entra in un dormitorio di infermiere e inizia a ucciderle una dopo l'altra. Ne risparmierà una sola, l'unica che sembra aver compreso la sua insanabile sofferenza.
Ispiratosi alla storia vera di Richard Speck, un serial killer americano che l'anno precedente si era introdotto nel dormitorio del South Chicago Community Hospital e aveva seviziato e ucciso otto allieve infermiere, Koji Wakamatsu gira in appena tre giorni e senza precise intenzioni distributive uno dei suoi maggiori successi di critica. Come già per Embrione (1965) e poi per Su su per la seconda volta vergine (1969), Wakamatsu si trova a suo agio in uno spazio chiuso e limitato (lì rispettivamente un appartamento e il tetto di un palazzo, qui un dormitorio dove il mondo esterno è evocato dai rumori di vento, pioggia, mare) che funge da piccolo microcosmo in cui trovano posto le basilari dinamiche relazionali fra uomo e donna (amore, sesso, violenza e morte). Nessun giudizio nei confronti del carnefice ma solo compassione: è anche lui un “angelo violato” vittima di una società violenta (richiamata in chiusura da immagini di manifestazioni studentesche e della guerra in Vietnam) e in cerca di un rifugio da trovarsi in un impossibile ritorno al grembo materno (di cui è esplicita metafora il mare, presente nella struggente e onirica sequenza a colori in chiusura). Largamente improvvisato, il film vede coinvolto nelle vesti di co-sceneggiatore e protagonista maschile Juro Kara, attore e regista teatrale d'avanguardia nonché figura di spicco nei circuiti culturali underground degli anni Sessanta.
Ispiratosi alla storia vera di Richard Speck, un serial killer americano che l'anno precedente si era introdotto nel dormitorio del South Chicago Community Hospital e aveva seviziato e ucciso otto allieve infermiere, Koji Wakamatsu gira in appena tre giorni e senza precise intenzioni distributive uno dei suoi maggiori successi di critica. Come già per Embrione (1965) e poi per Su su per la seconda volta vergine (1969), Wakamatsu si trova a suo agio in uno spazio chiuso e limitato (lì rispettivamente un appartamento e il tetto di un palazzo, qui un dormitorio dove il mondo esterno è evocato dai rumori di vento, pioggia, mare) che funge da piccolo microcosmo in cui trovano posto le basilari dinamiche relazionali fra uomo e donna (amore, sesso, violenza e morte). Nessun giudizio nei confronti del carnefice ma solo compassione: è anche lui un “angelo violato” vittima di una società violenta (richiamata in chiusura da immagini di manifestazioni studentesche e della guerra in Vietnam) e in cerca di un rifugio da trovarsi in un impossibile ritorno al grembo materno (di cui è esplicita metafora il mare, presente nella struggente e onirica sequenza a colori in chiusura). Largamente improvvisato, il film vede coinvolto nelle vesti di co-sceneggiatore e protagonista maschile Juro Kara, attore e regista teatrale d'avanguardia nonché figura di spicco nei circuiti culturali underground degli anni Sessanta.