Velvet Goldmine
Velvet Goldmine
Durata
124
Formato
Regista
New York, 1984. Il giornalista Arthur Stuart (Christian Bale) indaga sulla misteriosa scomparsa dalla scena musicale del cantante inglese Brian Slade (Jonathan Rhys-Meyers), avvenuta dieci anni prima. Un flashback esistenziale che riporta Arthur alla propria giovinezza, trascorsa a Londra nel pieno dello sfavillante movimento glam.
Velvet Goldmine non potrebbe raffigurare meglio l'estetica barocca glam rock (lustrini, paillettes e ambiguità), della quale rappresenta un curioso manifesto cinematografico. Non è esente da difetti, in primo luogo una certa frammentarietà e disomogeneità nella sceneggiatura (firmata dal regista Todd Haynes) e qualche elemento superfluo (i riferimenti a Oscar Wilde e la rivelazione finale, poco incisiva e risolutiva), ma il fascino non gli manca e la caratterizzazione dei personaggi principali è di pregevole fattura: Brian Slade è chiaramente ispirato al David Bowie del periodo Ziggy Stardust/Aladdin Sane e la messa in scena della morte sul palco del primo richiama il suicidio artistico del Bowie/Ziggy (finalizzato all'inizio di una nuova fase musicale, tramite una liberazione "traumatica"). Ewan McGregor è molto convincente nella parte di Curt Wild, emulo di Iggy Pop, del quale riprende l'attitudine selvaggia on stage. Abiti e costumi sgargianti, ambiguità e orgoglio omosessuale, espliciti ma non gratuiti. Il tutto al ritmo di canzoni di Lou Reed, Roxy Music, Brian Eno e The Stooges, sia in versione originale che reinterpretate da McGregor e Rhys-Meyers. Cameo dei Placebo, che eseguono 20th Century Boy dei T. Rex.
Velvet Goldmine non potrebbe raffigurare meglio l'estetica barocca glam rock (lustrini, paillettes e ambiguità), della quale rappresenta un curioso manifesto cinematografico. Non è esente da difetti, in primo luogo una certa frammentarietà e disomogeneità nella sceneggiatura (firmata dal regista Todd Haynes) e qualche elemento superfluo (i riferimenti a Oscar Wilde e la rivelazione finale, poco incisiva e risolutiva), ma il fascino non gli manca e la caratterizzazione dei personaggi principali è di pregevole fattura: Brian Slade è chiaramente ispirato al David Bowie del periodo Ziggy Stardust/Aladdin Sane e la messa in scena della morte sul palco del primo richiama il suicidio artistico del Bowie/Ziggy (finalizzato all'inizio di una nuova fase musicale, tramite una liberazione "traumatica"). Ewan McGregor è molto convincente nella parte di Curt Wild, emulo di Iggy Pop, del quale riprende l'attitudine selvaggia on stage. Abiti e costumi sgargianti, ambiguità e orgoglio omosessuale, espliciti ma non gratuiti. Il tutto al ritmo di canzoni di Lou Reed, Roxy Music, Brian Eno e The Stooges, sia in versione originale che reinterpretate da McGregor e Rhys-Meyers. Cameo dei Placebo, che eseguono 20th Century Boy dei T. Rex.