Erbe fluttuanti

Komajuro Arashi (Ganjir� Nakamura) è a capo di una compagna di teatro kabuki. Il gruppo di attori approda presso un villaggio, ma il tempo non è dei migliori e lo spettacolo si rivela un fiasco. Il clima si fa ostile, e le discussioni portano alla fine dell'esperienza teatrale.

Rifacendo un suo stesso film precedente, Storia di erbe fluttuanti (1934), Ozu accentua la mobilità e il dinamismo del valzer sentimentale rispetto alla versione originaria, giocando sui colpi di scena e i capovolgimenti di fronte, sulle variazione delle convinzioni e sui depistaggi identitari, cui fanno seguito, in un gioco di specchi all'insegna di una perfetta specularità, anche delle mutazioni del cuore, di pari passo col resto. Il teatro, per l'autore giapponese, è un microcosmo perfettamente ricalcato sulle dinamiche della vita vera: niente di più adeguato, dunque, per permettere al maestro di sprigionare la sua arte lineare ma anche sfaccettata, piana solo in apparenza e in realtà strutturata, generosa di stimoli, piena di livelli di lettura e di vastissimi orizzonti interpretativi. Il film in questione, che conferma l'enorme maestria di Ozu quando si tratta di parlare di ambienti chiusi e di relazioni intersecate tra loro, ha origine da un progetto riconducibile alla Shockiku dal titolo Un povero attore, ma Ozu vi lavorò appositamente per renderlo più conforme al suo lungometraggio precedente, fino a trasformarlo in una sorta di sua costola.